Si racconta, nel bulimico mondo delle radio pallonare della Capitale, che Dan e Ryan Friedkin, i nuovi proprietari statunitensi della Roma, abbiano detto sì a un caffè in Campidoglio per parlare del nuovo stadio a patto che all’incontro non fossero presenti fotografi, giornalisti e telecamere. Riservandosi di posare per la foto sorrisi e stretta di mano con le autorità comunali soltanto dopo il sì all’impianto di Tor di Valle. Leggenda metropolitana o verità incisa sui sampietrini di via Petroselli che sia, sta di fatto che non si hanno (ancora) notizie di un faccia a faccia con la Raggi. Ma nessuno se la sente di assicurare che, in realtà, l’incontro non ci sia stato. Papà e figlio Friedkin, i successori di James Pallotta, zeru tituli in otto anni di presidenza e un bilancio da controllare ogni mattina sull’estratto conto bancario, hanno avuto un impatto molto soft, quasi diffidente, con una città che vive di esagerazioni. Prima si sono barricati in un hotel di Ladispoli, requisito in maniera esclusiva per un paio di giorni, poi hanno traslocato verso la Città Eterna, trascorrendo però ore e ore sulla Laurentina, località Trigoria, per dedicarsi a una serie di full immersion per studiare, capire e conoscere tutto e tutti del loro nuovo e costoso asset.
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