Prendiamo l’azione più gloriosa degli ultimi trent’anni di calcio italiano, quella che il 4 luglio 2006 conduce in gol Fabio Grosso al 119° minuto di una semifinale Mondiale. Grosso non riuscirebbe a fare alcunché, se non fosse per il geniale passaggio-laser disegnato sull’erba del Westfalenstadion da Andrea Pirlo, uno di quei gesti tecnici di cui non si parla mai abbastanza, sommersi e oscurati dal rumore di fondo, dall’emozione del momento, dalla nostra predisposizione naturale a concentrarci solo sul tiro e sull’esultanza, mai sull’assist. Mettete in pausa. In quell’inquadratura televisiva, immobile ma frenetica come la Ronda di Notte di Rembrandt, tutto ruota attorno al genio leonardesco di Pirlo, la superiore delle ventidue intelligenze in campo. Di quelle ventidue, l’immagine ne comprende venti: il portiere tedesco Lehmann più diciannove giocatori di movimento.
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