Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Come si muove il Papu

Alessandro Bonan

Bastano pochi metri, più indietro, più avanti, raramente di lato, a cambiare la storia di un calciatore e, conseguentemente, di una squadra. Basta osservare l'Atalanta e come Gasperini si è reinventato Gomez

Era solo un trottolino amoroso, è diventato un gigante. Bastano pochi metri, più indietro, più avanti, raramente di lato, a cambiare la storia di un calciatore e, conseguentemente, di una squadra. È successo al Papu Gomez, prima attaccante e oggi centrocampista senza frontiere. Tutto nasce spontaneamente, come una prosa di Kerouac, dove perfino la grammatica si piega alla scrittura. E l’autore si chiama Gasperini, non un americano come si può capire.

 

Il Gasp scrive il suo calcio senza preoccuparsi di essere capito, anzi cercando il malinteso, così da risultare ancora più imprevedibile. L’allenatore dell’Atalanta si accorge che Gomez si diverte quando arretra, e poi, inseguito dagli avversari, quando li trascina in mezzo, nel fango del centrocampo. Questo suo rinculare, apre spazi prima inesistenti nei quali si buttano i compagni. Gomez si muove sotto traccia e non viene mai capito, nessuno gli dà credito con quel fisico che sembra incapace di cambiare passo. E invece Gomez diventa imprendibile, come una mosca nel pugno che si rivela un’illusione a mano spalancata. Senza una regola, l’occhio si perde nell’occhio, in uno sdoppiamento che pone il giocatore dappertutto, una sensazione onirica, un incubo per gli avversari. Dov’è il Papu? Quanti ce ne sono di lui? Con le gambe corte, l’argentino insiste accanito a smentire una lontana bugia.

 

Era un attaccante svelto ma di quelli a cui siamo abituati, di provincia, un vorrei ma non posso. Segnava gol belli e difficili, facendo intravedere possibilità nascoste, mentre il tempo giocava ancora più rapido di lui trattenendolo ai confini della ribalta. Il Catania, gli ucraini del Metalist, l’Atalanta. A Bergamo sembra sempre sul punto di partire come un’eterna finta, ma alla fine rimane, innamorato della città e di sua moglie che lo consiglia di restare. Linda è un architetto, e sembra aver compreso per prima quali siano le geometrie del destino di suo marito. Così lo sprona a realizzare il sogno impossibile: vincere nell’Atalanta. Tutto nasce spontaneamente, come una prosa dell’americano a cui le parole sorgevano come un rifiuto all’ordine alla disciplina. Gomez si muove come un pesce dentro un mare infinito di possibilità, confutando di essere ciò che è stato e lavorando per spiegarsi un po’ meglio, in una sorta di auto analisi che lo pone a giocare come se quello fosse sempre stato per lui l’unico modo possibile. Sfuggendo alle regole, infrangendo gli schemi, fintando per aprire nuovi spazi, correndo all’indietro per offendere. Inventando una trama sconosciuta, col tratto di penna di un piccolo, maledetto genio.

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