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il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

Il primo istinto di libertà

Alessandro Bonan

Andrea Pirlo sembra avere spaccato in due la sua volontà. In campionato fa brainstorming, in Champions League raccoglie i frutti di ciò che semina in Italia

Cosa sia Pirlo, con quella espressione un po’ così, immutabile, è difficile saperlo. Lo conoscono bene i suoi cari, forse i compagni di un tempo, ma noi, chiamati molto spesso a giudicare da una smorfia, come possiamo entrare in un personaggio tanto imperscrutabile? Pirlo quando vince resta la stessa statua silente di quando viene sconfitto. E le parole che deve dire per contratto, escono cupe, roche, spezzate. Qua e là frammenti di pensiero, che se li metti insieme formano un qualcosa. E’ su questo qualcosa che dobbiamo lavorare noi poveri interpreti. Ed è inutile rifarsi al giocatore che è stato, perché il maestro, come lo chiamavano, palla al piede, si trasformava in una imprendibile metafora: quella della perfezione. Poco da sapere, quindi, rispetto a ciò che incarna l’assoluto. Meglio provare a scoprire l’uomo dentro l’allenatore.

 

In questo tipo di viaggio, l’indagine si fa interessante.

 

Pirlo sembra avere spaccato in due la sua volontà. Europa da una parte, Italia dall’altra. Nel campionato si allena, scherza, si diverte a giocare all’allegro chirurgo, scambiando il cuore per il fegato, e un pallone per il cervello. Nelle trasferte di Roma e di Crotone ha messo in campo una squadra storta, i piedi alla rovescia. Molti giovani, qualche idea interessante, movimento senza palla, poche azioni sicure. Come in una sorta di brainstorming, Pirlo e la sua squadra hanno liberato vari pensieri con l’obiettivo di arrivare a una qualche conclusione. Il frutto di questa operazione ardita la Juve lo ha raccolto in Champions, dove ha giocato sin qui la sua migliore partita. I frammenti di cui sopra sono diventati pezzi interi, e il cuore è ritornato al suo posto, facendo vivere tutto il resto in modo armonioso e intelligente. In Ucraina, Pirlo ha scelto un sistema in fase difensiva, il 4-4-2, e uno in quella offensiva, riassumibile in una frase: tre dietro, il resto valutiamo. Ramsey, ago della bilancia, partiva da destra e stringeva fino a farsi perdere dagli avversari, tanto da chiedersi se a tratti fosse finito al bar per un panino. Così nascosto tagliava il campo a strisce, la cui fetta maggiore toccava agli esterni: Cuadrado da una parte e Chiesa dall’altra. Sul secondo, parentesi, vi è da dire che pare un uomo indispensabile pur con la confusione che a tratti comporta il suo ostinarsi a testa bassa. Ma è una miccia in perenne fuoco che accende tutto ciò che gli passa vicino. “Il resto valutiamo”, si riferisce soprattutto a un continuo spostamento di Kulusevski, un po’ attaccante, un po’ centrocampista, con un fare da lottatore greco-romano. Muovendosi tutti senza sosta, compreso il criticato Bentancur, si aprivano gli spazi per Morata, il quale ringraziava per la libertà, segnando una doppietta. Ecco, a tal proposito, se Pirlo oggi ci pare più espressivo, è solo perché ne abbiamo colto il primo istinto puro: quello della libertà.

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