Stadi nel deserto, lavoratori sfruttati, accuse di corruzione (ma una Nazionale più forte). Indagine su Qatar 2022
Mancano ancora due anni, ma l’Al Bayt Stadium di Al Khor è già pronto. Il 21 novembre 2022, un lunedì, alle ore undici italiane – le tredici locali – qui verrà dato il fischio d’inizio al Mondiale di calcio in Qatar. Le prove di rito sono state espletate, il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha perfino disputato una partita celebrativa organizzata dalle autorità locali per tenere a battesimo l’impianto da 60mila posti e tetto retrattile. Progettato a forma di tenda beduina, è rivestito anche all’interno da un motivo arabeggiante e psichedelico, a tinte rosse e nere, così intrecciate da farlo apparire di stoffa. Il Qatar sta facendo sorgere dal nulla sei nuovi impianti, altri due erano già disponibili e tutti saranno compresi tra cinque città in un raggio di settanta chilometri, un fazzoletto se paragonato alle lande sconfinate di Brasile e Russia, nazioni che hanno ospitato le ultime due edizioni.
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