Foto LaPresse

Quel derby a Firenze tra Reggina e Catanzaro mentre a Reggio Calabria "giocava" la guerra civile

Furio Zara

Il recupero della sesta giornata del campionato di Serie B di cinquant'anni fa andò in scena il 25 novembre 1970 lontano dalla Calabria dove si sparava "a causa" della scelta del capoluogo regionale

Cinquant'anni fa - 25 novembre 1970 - in campo neutro a Firenze si giocò un derby-tregua tra Reggina e Catanzaro, a quasi mille chilometri di distanza da una guerra civile che la nostra storiografia spesso dimentica, relegandola a folklore. A Reggio Calabria dall'inizio di luglio di quel 1970 si sparava per strada, la città era sotto scacco: sassaiole, scontri con le forze dell'ordine, rivolte popolari che vennero fin da subito egemonizzate dall’estrema destra guidata dall’esponente dell’MSI Ciccio Franco, sindacalista della CISNAL che al celebre motto di "Boia chi molla" cavalcò la protesta dei reggini. Era la Calabria che agli occhi del Paese mostrava il vecchio ghigno sanfedista dell'Italia pre-risorgimentale. Il "casus belli" era stata la scelta dei capoluoghi regionali. In gioco c’era l’egemonia politica del territorio. Premiata Catanzaro, bocciata Reggio Calabria. E guerra fu.

     
Reggio era un pezzo d'Italia staccata dal resto del Paese; una città presidiata dai carri armati. Il Governo, a Roma, guidato dal doroteo Emilio Colombo, si segnalò prima per indifferenza, poi per impotenza. Il derby tregua si giocò di mercoledì. La partita - valida per la 6ª giornata del campionato di Serie B - si sarebbe dovuta disputare un mese prima, il 25 ottobre, ma motivi di ordine pubblico imposero il rinvio. Per un mese si cercò una sede adatta, e fu un problema. Si pensò inizialmente a Napoli, ma al San Paolo stavano rifacendo il manto erboso; a Bari e Foggia non c'era garanzia per un sufficiente servizio di polizia, si decise allora per Roma, ma l'Olimpico era inutilizzabile per via di uno sciopero dei dipendenti del CONI, così il questore Santillo dirottò il derby su Firenze.

  

    

Furono novanta minuti poco emozionanti, l’agonismo divenne presto il rifugio dei mediocri. Il gol decisivo lo segnò di testa Alberto Sironi, brianzolo di Giussano. Quello fu il suo unico gol con la maglia amaranto. Giocavano nella Reggina il futuro allenatore Nedo Sonetti e il terzino-comunista Renato Sali. La stella del Catanzaro era invece Angelo Mammì detto Caribù, possente e rapidissimo come le renne del Nord America. In tribuna quel giorno c'era anche il ct della nazionale Valcareggi e il presidente della Lega Franchi. Non ci furono incidenti. Tutto filò liscio. Da Reggio salirono a Firenze circa duemila tifosi, poco più di cinquecento erano quelli che tifavano Catanzaro. Non appena a Reggio arrivò via radio la notizia della vittoria, migliaia di persone si riversarono festanti per le strade della città. Sotto la sede del Municipio venne appeso un lenzuolo che recitava: "Reggio batte Catanzaro: è solo l’inizio". Rientrati in città, i giocatori della Reggina vennero accolti da una folla festante e fatti salire su alcune carrozze, per poi sfilare lungo Corso Garibaldi, l'arteria principale di Reggio.

 

In realtà già in quel novembre la situazione, dopo mesi di disordini, si era normalizzata. Il 16 febbraio del 1971 - a otto mesi dall'inizio dei moti, nella più lunga rivolta urbana della nostra Repubblica - venne trovato un compromesso all'italiana. Catanzaro rimaneva capoluogo, Reggio Calabria divenne sede del Consiglio regionale. Il bilancio complessivo della guerriglia fu di sei morti, cinquantaquattro feriti, migliaia di arresti, una strage misteriosa - la strage di Gioia Tauro - sul Treno del Sole: morirono cinque anarchici.

 

Alla fine di quel campionato la Reggina si piazzò a metà classifica, mentre il Catanzaro dopo gli spareggi venne promosso per la prima volta nella sua storia in Serie A, grazie ad una rete decisiva di "Caribù" Mammì. Per sciogliere il voto fatto i tifosi del Catanzaro - a decine - percorsero le strade principali della città nudi, dipinti in giallorosso, a testa all'ingiù, camminando con le mani. Era già cambiato tutto. I moti reggini erano un ricordo lontano.

Di più su questi argomenti: