In lui c’è sempre stato qualcosa d’improbabile: lo sguardo, quasi sempre triste, il fisico da bambino un po’ tozzo, i capelli da cantante o da attore. Maradona è qualcuno che fa qualcosa di perfetto, ma sembra farlo per caso. Che riesce a fare qualcosa di eccezionale anche perché inaspettato
È una ripresa in bianco e nero, lo ritrae ancora prima di diventare una cebollita dell’Argentinos Juniors: la palla passa da un piede all’altro, da una gamba sottile – tutto fuorché atletica – all’altra; e da lì alla testa, alle spalle. Quella scena si ripete nel 1989 prima della partita tra il Napoli e il Bayern Monaco per la semifinale di Coppa Uefa: sulle note di “Live is life”, lui è lì, in campo, per scaldarsi. È un ballerino, un giocoliere con la palla in bilico sulla testa, mentre ruota il bacino e poi la fa passare sul petto. Lui è lì, narciso: sa che milioni di persone lo stanno guardando e conosce i tempi, le pause, le accelerazioni, come un consumato uomo di spettacolo che, persino con gli scarpini slacciati e i riccioli perfetti, con la palla può fare tutto ciò che vuole: bucare il cielo come la porta avversaria.
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