Il primo è stato Oliver Kahn, campione d’Europa con la Germania e il Bayern Monaco. Fece causa alla Electronic Arts (EA) che aveva sfruttato la sua immagine nel videogioco 2002 FIFA World Cup senza avergli chiesto il permesso. Una corte di Amburgo condannò la società che sviluppa e produce videogiochi sportivi stabilendo che il gioco fosse ritirato dal paese o che EA pagasse 250.000 euro di risarcimento al calciatore. Nel 2017 il tribunale distrettuale di Amsterdam ha condannato Riot Games perché nel gioco c’era un personaggio che somigliava a Edgar Davids, il quale ha rivendicato il proprio diritto d’immagine ai sensi della legge olandese sul copyright. Per lo stesso motivo gli accordi tra EA Sports e FIFPro non sono considerati validi dalla legge brasiliana e sono molte le cause pendenti davanti ai tribunali locali, costringendo l’azienda di videogiochi a rinunciare ad avere i verdeoro in FIFA 2020.
Ora è la volta di Zlatan Ibrahimovic, Gareth Bale e chissà quanti altri, i quali rivendicano il diritto d’immagine verso le aziende produttrici di videogiochi e contestano il ruolo da intermediari svolto dai sindacati, l’AIC per quanto riguarda l’Italia, la FIFPro a livello internazionale.
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