Era speciale, ma indistinguibile. Uno fra tanti, uno come tanti. Le sue ginocchia erano una mappa del dolore. Erano cavalieri, i calciatori dell'epoca. Oggi sono diventati gladiatori, hanno perso la levità, caratteristica del goleador del Mondiale 1982
Il corpo di Paolo Rossi era un corpo di passaggio, dall'Italia in bianco e nero a quella a colori, dagli anni Settanta agli Ottanta, dal pane duro con cui era cresciuto a Prato - figlio di un impiegato statale e di una casalinga che arrotondava facendo la sarta - alle brioches, dalla vita vera a quella del Mulino Bianco. Nell’estate eterna del Mondiale 1982, Paolo Rossi pesava 66 kg., stesi ad asciugare su 174 centimetri di altezza. Era speciale, ma indistinguibile. Uno fra tanti, uno come tanti. Ossuto, quasi emaciato, di una magrezza pallida, con le braccine secche e le ginocchia fragili. Prima di appartenere a se stesso, quello di Paolo Rossi è un corpo che riassume i nostri piccoli grandi difetti. E’ Paolo Rossi, certo. Ma è anche moltitudine, folla, popolo, Italia che sta uscendo dagli Anni di Piombo ed ha scoperto che c’è vita oltre il secondo canale della tivù.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE