Il Mondiale di Formula 1 quest’anno è andato lungo. Molto lungo. Non capitava dall’inizio degli anni Sessanta di disputare l’ultima gara a metà dicembre. A quei tempi (1962 e 1963) si corse addirittura il 29 e il 28. In 70 anni di storia è capitato anche di cominciare un campionato a fine dicembre con le qualifiche in un anno e la gara in quello successivo. Ma è già stato un miracolo disputarlo questo Mondiale. Con una bolla itinerante in giro per l’Europa alla scoperta di nuovi circuiti o alla riscoperta di vecchie piste ignorate da tempo perché non avevano i soldi per permettersi di ospitare un gran premio. Il Mondiale quest’anno non lo hanno vinto soltanto Lewis Hamilton e la Mercedes. Lo ha vinto anche Liberty Media che è riuscita in piena pandemia a costruire un campionato quasi mondiale su 17 tappe, non poche tutto sommato, dribblando i contagi nel miglior modo possibile. Quanto sia stato complicato lo dimostra il fatto che, fortunatamente a giochi fatti, sia stato fermato da un tampone anche Lewis Hamilton che pure ci ha raccontato di esser stato attentissimo, rinchiudendosi sempre in camera a mangiare da solo durante tutti i weekend dei Gran premi. Hamilton non si è accontentato di stravincere in pista, quest’anno ha voluto andare oltre, trasformare ogni gara in un messaggio a favore della campagna antirazzismo Black lives matter, si è inginocchiato prima di ogni Gran premio, ha fatto colorare di nero le Mercedes, ha promosso insieme a Toto Wolff un programma “Accelerate 25” per far lavorare nel team il 25 per cento di persone provenienti da fasce o gruppi sotto rappresentati in Formula 1. Quando vincere non basta più.
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