Nell'Italia divorata dal cinismo e dalla disillusione, in cui persino una notizia oggettivamente bella come l'arrivo del vaccino anti-Covid è stata travolta da secchiate di sarcasmo dopo nemmeno mezza giornata, c'è una sacca di resistenza imprevista e imprevedibile. Forse perché tutta la depressione del mondo era già stata accumulata e spalmata nei sette anni precedenti, con la mazzata finale del 5-0 di Bergamo simbolicamente collocata a fine decennio; ma nessuno come il Milan si è dimostrato impermeabile all'aria che tira da dieci mesi, e anzi si direbbe proprio che abbia persino tratto una qualche incredibile energia positiva da un periodo così nefasto, che ha colpito duro e sleale, allo stomaco, la città in cui vive e lavora. Una squadra che merita il titolo di “squadra dell'anno” 2020 – o forse, allargando il campo, “gruppo di lavoro” dell'anno 2020 – anche soltanto perché si sta divertendo. E tra le altre cose, si sta divertendo a smontare con regolarità scientifica, uno dopo l'altro, tutti i “sì, però” di cui il nostro Paese sarebbe primatista olimpico, se il “sì, però” fosse disciplina olimpica (ma abbiamo idea che in questo periodo il CONI sia in tutt'altre faccende affaccendato).
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