Il Foglio sportivo
Scafi avveniristici e battaglie navali
È iniziata la Prada Cup per scegliere lo sfidante di New Zealand in Coppa America, la regata che cattura anche i cuori di chi non sa nulla di vela. Storia di un mito e speranze di chi sale a bordo per vincere oggi
Ne resterà soltanto uno. Ci sarà un solo vincitore nella regata dove non c’è secondo: uno vince l’altro perde. Ma la battuta di Clancy Brown/Kurgan nel film cult Highlander questa volta si sposa particolarmente bene con l’America’s Cup dove i velisti con casco, interfono, giubbetto di protezione e bombola d’ossigeno sembrano veramente degli Highlander. Il 15 febbraio alle 15 ora di Auckland (le 3 del mattino in Italia, dirette su Rai Due e Sky) è cominciata la Prada Cup, la selezione degli sfidanti: Luna Rossa Prada Pirelli Team, Ineos Team Uk e American Magic. Sarà ancora una volta una battaglia navale tanto feroce quanto incruenta che si ripete per la trentaseiesima volta in 169 anni. Da una serie di regate, prima un girone all’italiana e poi scontri diretti a eliminazione secca, uscirà il team che tra il 6 e il 15 marzo cercherà di strappare la Vecchia Brocca al Team New Zealand. Il tema che affascina di questa edizione della regata che mette in palio il più antico trofeo sportivo di sempre sono le nuove barche volanti ideate apposta dai neozelandesi e progettate con la collaborazione dei designer di Luna Rossa.
Lunghe ventitré metri, larghe cinque, sei tonnellate e mezzo di peso, duecentotrenta metri quadri di superficie velica e due zampe laterali con appendici ad ala (tecnicamente foil) che in collaborazione con il timone a T rovesciata fanno sollevare lo scafo dall’acqua per andare quattro volte più veloci del vento. Sicuramente in grado (qualcuno pare ci sia già arrivato) di sfondare il muro dei 54 nodi, 100 all’ora, spinte esclusivamente dalla forza di Eolo sulle vele. Quando è stato reso noto il primo rendering che mostrava le forme di queste barche avveniristiche in tanti hanno pensato che si trattasse una sfida assoluta a tutte le leggi della fisica che permettono a una barca di navigare stabilmente. Invece Dan Bernasconi, l’ingegnere inglese con un Phd in modelli matematici e aerodinamica, passato alla vela dopo sei anni alla McLaren di Formula Uno, aveva avuto un’idea geniale. La vela è entrata così in una nuova dimensione.
Non si può negare che dopo l’edizione numero 32 a Valencia, con undici barche, di cui ben tre italiane, in una città capace di accogliere appassionati da tutto il mondo, il trofeo considerato il Santo Graal di ogni velista sia entrato in crisi, travolto da beghe legali come già successo nel passato. Le poche regole che risalgono al 1800, il Deed of Gift, l’Atto di Donazione, hanno ancora una volta lasciato spazio a interpretazioni. Così nel 2010 la regata è stata tra due mostri di 30 metri (misura massima consentita dal Deed of Gift) dove il trimarano Oracle ha battuto il catamarano Alinghi riportando la Coppa negli Stati Uniti, a San Francisco. Una regata tra due barche, ma anche uno scontro tra due ego smisurati: Larry Ellison, uno degli uomini più ricchi del mondo, ceo del colosso software Oracle, contro Ernesto Bertarelli, italo-svizzero imprenditore farmaceutico e pioniere delle biotecnologie. Perché, come dice un vecchio detto, la Coppa America è un gioco tra Big Guys (grandi ragazzi) con i loro Big Toys (grandi giocattoli). Siccome chi vince detta le regole, Ellison, affiancato da Russel Coutts, il velista neozelandese che ha vinto la Coppa quattro volte con tre bandiere diverse, ha scelto per le regate 2013 un catamarano di 22 metri. Un cambio radicale che ha richiamato solo tre sfidanti, diventati cinque nel 2017, quando i catamarani si sono ridotti a 15 metri per contenere i costi.
È stato proprio con questi catamarani che si sono cominciate a vedere barche volanti che si sollevavano dall’acqua come l’aliscafo che collega Napoli a Lipari. Il 26 giugno 2017, dopo otto regate, Emirates Team New Zealand ha riconquistato la Coppa America. Un successo netto cui ha contribuito Luna Rossa, ritirata anzitempo e diventata partner dei Kiwi.
Quello stesso 26 giugno Patrizio Bertelli, assieme ad Agostino Randazzo, presidente del Circolo vela Sicilia ha lanciato la prima sfida ai neozelandesi, diventando Challenger of Record, il rappresentante di tutti gli sfidanti che contribuisce a scrivere le regole e a scegliere la barca. Patrizio Bertelli non ha mai amato i catamarani e aveva posto come condizione il ritorno al monoscafo, ma forse non si aspettava un oggetto così avveniristico. Tanto da dichiarare, dopo un primo attimo di stupore, che sarebbe stato bello sapere cosa avrebbe pensato di queste barche quel genio di Leonardo Da Vinci.
Su queste barche il mondo degli appassionati si divide: da una parte chi ritiene che se lo scafo non tocca l’acqua non si possa parlare di vela, dall’altro chi è già rimasto affascinato da queste sfide ad altissimo tenore tecnologico, a queste barche velocissime. Di fatto l’America’s Cup non è mai stata una regata come le altre. Assieme al giro del mondo in solitario, il Vandee Globe, i cui concorrenti, tra cui l’italiano Giancarlo Pedote, hanno appena iniziato la risalita dell’Oceano Atlantico e The Ocean Race (giro del mondo in equipaggio) in partenza nel 2022 e che nel 2023 si concluderà a Genova, la Coppa America cattura l’attenzione anche chi di vela non sa praticamente nulla: c’è il fascino del mito.
L’Italia, dalla curiosità per Azzurra, alla febbre per il Moro di Venezia all’entusiasmo per Luna Rossa, è maestra in passioni legate esclusivamente ai successi sportivi. Sicuramente questa non è vela per spiriti romantici, amanti del silenzio rotto solo dallo sciabordio del mare sullo scafo. Ma non sarà un caso se la maggior parte dei velisti professionisti, atleti che hanno partecipato a Mondiali, Olimpiadi e Coppa America, siano entusiasti dell’estremo agonismo già visto nelle regate di prova. Tra i tre sfidanti gli unici che sembrano determinati a cambiare barca in caso di vittoria sono gli americani del New York Yacht Club. “L’ultima parola spetterà a Patrizio Bertelli“, spiega al Foglio Sportivo Max Sirena, skipper e Team Director di Luna Rossa Prada Pirelli team, “ma al novantanove per cento se dovessimo vincere manterremo questa barca; navigare su questi AC75 è la cosa più entusiasmante che io abbia fatto nella mia vita di velista professionista, peccato che non sarò a bordo in regata”. Gli fa eco Bertelli: “Assisteremo a regate appassionanti, con barche straordinarie, mai viste prima d’ora. È una nuova èra”. Non vi è dubbio che tre sfidanti siano pochi, ma sono di altissimo livello: un po’ come se in Formula 1 corressero solo Williams, Ferrari e Redbull. I costi delle campagne sono stati altissimi: gli inglesi dichiarano un budget di 120 milioni di sterline, pari a 132 milioni di euro, gli altri non sono sicuramente molto lontani. Per far tornare più sfidanti sarà fondamentale contenere le spese.
Patrizio Bertelli è alla quinta sfida, prima di lui solo Sir Thomas Lipton ne aveva fatte tante, negli anni a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. Il signor Prada (marito di Miuccia e amministratore delegato dell’azienda) non è uno che ama perdere, ma si riconosce pienamente nelle parole che gli scrisse Sir Peter Blake nel 2000 dopo che Black Magic aveva strapazzato Luna Rossa 5 a 0: “Il prestigio per il vincitore vale più di qualsiasi altro riconoscimento sportivo. E’ proprio vincere l’invincibile e fare l’impossibile che affascina uomini di mare, sognatori e miliardari. Ma la vittoria non arriva facilmente. Anzi il più delle volte non arriva affatto. L’unico modo per vincere è continuare a partecipare, continuare a ritornare una volta dopo l’altra con l’intimo convincimento di potercela fare”.
L’obiettivo di Bertelli ovviamente è di non eguagliare il re del te in bustine nel numero di sconfitte, purtroppo non andrà in Nuova Zelanda, non solo per le rigorose regole imposte dal governo neozelandese che ha praticamente chiuso le frontiere, imponendo anche a tutti i membri del team una quarantena in alberghi dedicati da cui è impossibile uscire. Grazie a questi provvedimenti la Nuova Zelanda è uno dei pochi paesi al mondo completamente Covid Free, non esistono le mascherine: “Se guardo quello che succede altrove, a volte mi sento quasi in colpa ad essere qui”, confessa Max Sirena.
“Mi pesa moltissimo non poter andare in Nuova Zelanda”, spiega Bertelli al Foglio Sportivo, “ma il mio posto in questa circostanza è qui, in Italia, a fianco dei miei collaboratori e alle maestranze che ogni giorno, in questa difficilissima situazione, contribuiscono a portare avanti l’azienda con il loro lavoro. Il mio posto è accanto a loro. Ma sono in contatto continuo con Auckland e Max”.
Può veramente Luna Rossa aspirare a vincere prima la Prada Cup e poi la Coppa America? “Conosco il nostro valore, ma anche quello degli avversari”, risponde Sirena, “e non dico che vinceremo sicuramente, ma non siamo qui per partecipare. La barca è nuova per tutti e abbiamo visto quattro (comprendendo anche i neozelandesi) soluzioni progettuali diverse. Tutti hanno lavorato per essere i migliori in un range di vento specifico basandosi su modelli che possono prevedere i venti di febbraio e marzo. Noi abbiamo dimostrato il nostro meglio con vento medio leggero e qualche difficoltà con vento forte su cui abbiamo riflettuto. Dopo le Prada Americas Cup World Series di dicembre abbiamo lavorato senza sosta, non ci sono state pause. Siamo rimasti a terra solo il 26 dicembre. Nessuno si è risparmiato. Nessuno si è lamentato. Lo spirito della squadra è alto”.
Ogni team continua senza sosta lo sviluppo della propria imbarcazione. I più indietro sono gli inglesi che nelle regate di dicembre hanno rimediato una vera e propria figuraccia perdendo tutte le regate nonostante lo skipper, Sir Ben Ainslie, sia il velista con più ori olimpici: 4 consecutivi tra il 200 e il 2012, più l’argento del 1996. Jim Ratcliffe, il fondatore di Ineos, colosso chimico petrolifero non è abituato a perdere nel mondo dello sport: dal ciclismo, alla Formula Uno è abituato a vedere le sue squadre in testa alle classifiche. Sia Luna Rossa che American Magic hanno già fatto vedere novità più o meno palesi. Ma piccole o grandi modifiche continueranno incessantemente. Perché, come è stato per la Louis Vuitton Cup dal 1983 al 2017, per provare a vincere la Coppa America prima bisogna vincere la Prada Cup. E’ quello che è successo per cinque volte in trentaquattro anni dopo che per centotrentadue anni la Vecchia Brocca era rimasta immobile nelle sale del New York Club sulla quarantaquattresima strada, tra la quinta e le sesta avenue, di Manhattan, Buon vento, come dicono i velisti che sono superstiziosi e non vogliono sentir parlare di fortuna.