Il giro del mondo in 80 giorni di Giancarlo Pedote
Lo skipper fiorentino ha completato la Vendée Globe, la competizione che prevede la circumnavigazione completa del globo in in barca a vela senza scalo e senza assistenza: "Un’avventura unica, dove sei in mezzo al nulla. Ma non esiste paura"
"Non viaggiava, tracciava una circonferenza sul globo terrestre. Era un corpo grave, che percorreva un’orbita e seguiva le leggi della meccanica razionale". Le innovazioni tecnologiche del diciannovesimo secolo, avevano incuriosito Jules Verne a tal punto che la possibilità di circumnavigare il mondo in soli ottanta giorni meritasse un romanzo, tenuto in bilico sull’ardua scommessa di Phileas Fogg e del cameriere francese Passepartout di riuscire nell’impresa. A 148 anni dalla prima pubblicazione del capolavoro dello scrittore francese, altre pagine da tramandare sono state scritte dallo skipper fiorentino Giancarlo Pedote, settimo classificato al Vendée Globe, l’avventura più estrema della vela, la circumnavigazione completa del mondo senza scalo e senza assistenza, in programma ogni quattro anni.
Mai un italiano era arrivato così in alto. Pedote ha impiegato 80 giorni, era partito lo scorso 8 novembre e ha superato quattro oceani, tre capi e più di 24 mila miglia nautiche, pari a quasi 45 mila chilometri. Scortato dai gommoni dell’organizzazione è entrato nel porto di Les Sables d'Olonne, da dove era partito, a bordo dell’Imoca 60 Prysmian Group. Provato, ma entusiasta, accolto dall’affetto della moglie Stefania e dei due figli: “Ero partito per provare ad arrivare al traguardo, addirittura ho concluso settimo e ho portato la barca sui livelli che volevo. Da debuttante non ho altro da chiedere. Il Vendée Globe me lo immaginavo proprio così, un’avventura unica, dove in certi momenti ti senti lontano da tutto, in mezzo al nulla. Ma non esiste paura, c’è solo l’energia incredibile di luoghi magici e magnetici che ti spingono a seguire la rotta per capire quanto sconfinato sia il nostro pianeta. Puoi sognarlo, fartelo raccontare dai colleghi, ma finché non lo vivi sei sempre troppo distante dalla realtà”.
Il confinamento estremo in giro per il mondo sembra un controsenso in tempi di pandemia, ma il Vendée Globe, “il mare dimenticato da Dio” come lo definisce un libro di Derek Lundy, era il sogno di una vita dopo quindici anni trascorsi in barca a vela, a studiare il mare agitato dalle correnti e a leggere il vento per farselo amico. “Ho visto scorci e vissuto attimi che mi porterò dentro per sempre - racconta il quarantacinquenne, con un passato da boxeur e laureato in filosofia - Ripenso al volo elegante degli albatros, ai tramonti dopo aver superato il Pot au Noir, all’avvicinamento della tempesta subtropicale Theta o alla solitudine di certe acque. Sono passato da punti che restano quasi inaccessibili e di fronte a questo l’uomo non può che sentirsi piccolissimo. Non vedevo l’ora di tornare dalla mia famiglia, però mi sono mancate anche le mozzarelle di bufala. E sarà la prima cosa che mangerò, soprattutto ripensando ai 150 chili di cibo liofilizzato caricati a Lorient prima di partire. Poi avrò dormito al massimo due ore per volta, grazie a tecniche rodate di entrata e uscita dal sonno, e ora è arrivato il momento di ritrovare il normale ciclo biologico. Non sarà facile”.
Il comitato di regata ha decretato vincitore della gara il francese Yannick Bestaven, giunto terzo al traguardo, ma primo della classifica assoluta per l’abbuono ricevuto dopo aver salvato in mare aperto un rivale, Kevin Escoffier, naufragato non lontano dal Capo di Buona Speranza e costretto a rifugiarsi su una scialuppa in attesa dei soccorsi. Erano partiti in 33, ne sono rimasti 25. Ora Pedote si volta per rivivere l’avventura, ma è come guardare al futuro: “Ho già tante idee, per migliorare la barca e le strategie. Dipenderà dai miei figli però tra quattro anni vorrei riprovarci, vorrei tornare ad ammirare con i miei occhi il cielo dominato dagli albatros, capaci di restare in volo senza muovere le ali, tra il silenzio e il gelo di posti incredibili. Solo adesso mi sembra di essere tornato sulla terra, posso tenere per mano i miei bambini e raccontargli tutto quello che ho fatto. Sembra banale, quasi una quotidianità, ma quando sei lontano non desideri altro”.