Venus Williams ha intravisto la fine della sua carriera l’11 settembre del 1999, durante la finale degli Us Open, l’ultimo Slam del vecchio millennio. Per la prima volta in tutta la sua vita, quel giorno, non è lei la protagonista del campo ma, seduta sugli spalti, è costretta a guardare, ad applaudire sua sorella, la sua sorellina, che sta per vincere contro la numero uno del mondo Martina Hingis e conquistare il primo Slam di casa Williams. Venus ha da poco compiuto diciannove anni, il suo tempo sta per finire. Da allora ha trascorso vent’anni a scattare fotografie ai trofei alzati al cielo dalle altre, dall’altra, sua sorella, la sua sorellina. “Non c’è niente di peggio che arrivare per prima soltanto per vedere la tua versione in miniatura completare l’opera che tu avevi cominciato”, ha scritto Chris O’Connell in un articolo pubblicato sul magazine statunitense Racquet. Venus Williams è stata prima per nascita e per nient’altro. Dopo un anno di perfetta solitudine nel circuito, dopo mesi in cui al cognome Williams corrispondeva lei e soltanto lei, è arrivata Serena, a rubarle la scena, ad azzerare i paragoni, a strapparle in due la carriera.
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