Dopo l'eliminazione in Coppa Italia contro la Juve
All'Inter non resta che il campionato, è un decennio che non alza trofei
I nerazzurri lasciano per strada un altro trofeo alla loro portata dopo avere giocato meglio dei bianconeri
Il miglior attacco della Serie A fatica ancora a segnare. Conte si morde la lingua e punta sullo scudetto. Lukaku non avrà sempre De Ligt contro
Il 29 maggio 2021 cadrà il decimo anniversario dell'ultimo trofeo alzato dall'Inter: la coppa Italia del 2011, sollevata da Javier Zanetti al cielo di Roma dopo un 3-1 al Palermo. Nel dopoguerra l'Inter non ha mai superato il decennio di astinenza da vittorie: per evitare l'infausta ricorrenza, a Conte non rimane che la strada del campionato, già abbondantemente spianata dopo la sciagurata eliminazione autunnale nei gironi di Champions alla fine di una partita molto simile a quella di ieri sera.
0-0 di qua, 0-0 di là, e pensate che l'Inter è il miglior attacco della serie A. Troppo facile ma inevitabile prendersela con il suo totem offensivo, anche se ieri Lukaku non ha regalato al popolo dei meme altri fotogrammi fantozziani dopo l'autogol nella finale di Europa League contro il Siviglia e l'involontaria respinta che ha allontanato dalla porta il colpo di testa di Alexis Sanchez all'88' di Inter-Shakhtar. Per essere il peggiore in campo gli è bastata una partita da ordinario fantasma alla mercé di De Ligt, in un match sterilmente dominato dall'Inter che per diciotto volte ha calciato verso i pali avversari, senza impensierire Buffon nemmeno in una di esse. Nulla di nuovo sotto il sole o i riflettori perché i numeri a due velocità di Lukaku sono precedenti persino al suo arrivo in Italia. Statistiche monotone come la fase offensiva dell'Inter quando Romelu non gira e tutto quel frullare di gambe e di palloni ripuliti da Brozovic e azionati dalle turbine Barella e Hakimi finiscono tutti un po' masticati tra i laboriosi ingranaggi del belga oppure sconciati dal suo frenetico alter ego, un Lautaro Martinez ieri sera partner in crime in senso ahilui letterale. Il Toro ha segnato solo in quattro delle ultime venti partite, dissipando una quantità di palle-gol difficilmente perdonabile anche nelle poche serate sopra la sufficienza: e anche ieri, davanti all'improvvisa prospettiva di una porta vuota, dal centravanti della Nazionale argentina ci si sarebbe aspettato di meglio che un tiro malamente sbananato in mezzo all'area. Così l'Inter lascia sul terreno un altro trofeo ampiamente alla portata malgrado sia stata superiore alla Juventus per almeno 120 minuti su 180, o forse proprio a causa di questo: dominare il gioco e mettere alle corde l'avversario significa aree di rigore perennemente ingolfate, per quest'Inter complesse da scardinare senza calci piazzati o perle da fuori (vedi Barella a Firenze o Eriksen nel derby di Coppa Italia), sempre a rischio di eclissi di LuLa.
Così prosegue la stagione dell'Inter, difesa di nuovo fortissima, attacco da oltre 50 gol in 21 giornate, centrocampo completo, fasce laterali ampiamente all'altezza, eppure una continua sequenza di punti esclamativi e interrogativi che dipinti sul volto di Antonio Conte rivelano tutta la loro stressante natura. Ormai la lingua gli sanguina a furia di morsi, si tortura pur di non dire che avrebbe avuto dannato bisogno di una punta di scorta un po' più credibile di Pinamonti. Ieri sera, una settimana dopo la frase un po' così sui numeri “impietosi” di Sanchez, anche l'implicita presa d'atto che non sempre Lukaku vale i due mammasantissima che stanno trascinando Milan e Juventus: “Possiamo vincere solo giocando da squadra, perché non abbiamo colpi straordinari che ci risolvono le situazioni”. Certo, Antonio non chiede di meglio. Sappiamo bene che le migliori versioni delle sue fuoriserie prevedono assoluta efficacia e affidabilità dalle due punte ma solo come finalizzatori dell'enorme mole di lavoro fabbricata da un collettivo a tutto vapore, stile Rivoluzione Industriale Settecentesca, com'è sembrata a tratti anche l'Inter di ieri sera: ma non è bastato. Forse è solo questione di riposo, o solo questione che Lukaku non troverà sempre un De Ligt o un Chiellini sulla strada verso il primo trofeo del decennio. Una partita alla settimana, l'habitat naturale di Antonio Conte, l'arci-italiano.