Setteperuno
La riscoperta del fair play
Belotti e Di Francesco nel calcio, Bertolini e Dorigoni nel ciclocross, il Sei Nazioni e i mondiali di sci a Cortina. Lo sport e il rispetto
Atalanta-Torino, sabato 6 febbraio: sul 3-0 per i bergamaschi, il torinista Andrea Belotti cade al limite dell’area avversaria, l’arbitro Francesco Fourneau fischia il fallo dell’atalantino Cristian Romero e lo ammonisce, Belotti si rialza e fa cenno all’arbitro che non era fallo, l’arbitro ritira l’amminizione e riprende il gioco scodellando il pallone.
Cagliari-Atalanta, domenica 14 febbraio: sullo 0-1 per i bergamaschi, segnato all’ultimo minuto dei tempi regolamentari, contatto fra il cagliaritano Daniele Rugani e l’atalantino Marten De Roon nell’area bergamasca. L’arbitro Piccinini comanda il rigore, poi si affida al giudizio della moviola e ribalta la propria decisione. L’allenatore del Cagliari, Eusebio Di Francesco, nonostante l’amarezza, ammette che non si trattava di un rigore.
Lampi di fair play in Serie A, dove critiche e polemiche si moltiplicano, dove lamentele e piagnistei imperano, dove Antonio Conte, l’allenatore dell’Inter, sventola il dito medio (e prima un dialogo fatto di insulti) all’indirizzo di Andrea Agnelli, il presidente della Juventus, alla fine della partita di Coppa Italia, e dove Enrico Preziosi, il presidente del Genoa, si strattona con Stefano Campoccia, il vicepresidente dell’Udinese, a un’assemblea della Lega di Serie A. Finalmente parole per ridimensionare, gesti per riappacificare, modi per ritrovare il senso dello sport e lo spirito del gioco.
Fair play: gioco corretto. Non c’è bisogno di scriverlo in corsivo o fra virgolette, come si usa fare per le espressioni straniere. Fair play è entrato nella grammatica italiana, meno nella pratica. Ma c’è chi si batte, da anni, da sempre, per ristabilire le regole di un comportamento sano, leale, onesto, anche se non necessariamente scritto. Nel calcio, la Federazione internazionale assegna un premio al gesto esemplare. Nel 2020 è stato premiato Mattia Agnese, 17 anni, ligure, allievo dell’Ospedaletti: durante una partita contro la Cairese, in uno scontro di gioco ha visto Matteo Briano, il suo avversario, accasciarsi a terra e perdere i sensi, e lo ha immediatamente soccorso. “Non sono un eroe”, ha detto Mattia, inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. Viva la semplicità.
Non è il solo premio, quello della Fifa. Il fair play è il premio nazionale di giornalismo sportivo per l’etica nello sport intitolato allo schermidore Antonio Spallino e concepito dal Panathlon di Como, ed è una missione storica del Panathlon International, che ha adottato una carta elaborata dal Club di Losanna, accettata dall’Associazione svizzera dello sport e condivisa da tutti i club italiani. Significa rispetto delle regole, dalle buone maniere fino alla lotta al doping. E il fair play è un comandamento della Uisp, che tra l’altro organizza i Mondiali antirazzisti “per dire no alle discriminazioni”, non solo calcio, ma anche pallavolo, basket e beach rugby, in città che si trasformano non in centri di accoglienza, ma in “simboli di accoglienza e rigenerazione sociale”. Viva l’impegno.
Se il credo giornalistico era “vale più un cross di Roccotelli che...” uno Slam di Federer o un Kandahar di Paris, adesso si privilegiano centimetri nudi di Wanda Nara e Melissa Satta a storie scritte su Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni. Un mese fa i due ciclocrossisti (e bikers) lottavano nel Gran premio Friuli Venezia Giulia quando Bertolini, passando all’interno, sfiorò Dorigoni, e Dorigoni scivolò. Bertolini, invece di andare in fuga, lo aspettò e si scusò. Nel giro finale i due ricominciarono a sfidarsi. Quasi stupito di doversi spiegare, Gioele ha ricordato come “Jakob e io siamo avversari in queste gare, ma già compagni di squadra e adesso compagni in nazionale, e in nazionale perfino compagni di stanza. Voglia di confrontarsi e superarsi. Ma sempre stima, rispetto, amicizia. Il contatto in corsa è stato casuale. Cose che succedono. Però mai avrei voluto vincere avvantaggiandomi su quell’incidente. Aspettare Jack per scusarmi e spiegarmi mi sembrava il minimo che potessi e dovessi fare. E l’ho fatto”. Viva l’amicizia.
Rispetto è la parola magica (l’altra è sostegno) anche del rugby. Rispetto delle regole, rispetto dell’arbitro, rispetto dell’avversario. Nonostante le esasperazioni del gioco, oggi estremamente fisico, i rugbisti conservano tradizioni secolari di solidarietà. Sabato scorso, a Twickenham, l’arbitro scozzese Mike Adamson ha operato scelte sbagliate, molto discutibili e che comunque non sono state discusse dai giocatori. A cominciare da tre mete inglesi, da annullare: la prima per un chiaro passaggio in avanti (molto più chiaro di quello nella meta annullata a noi contro la Francia), la seconda per un salto di Jonny May a evitare un placcaggio (si può saltare solo tuffadosi in meta), la terza per un’evidente scorrettezza di Owen Farrell che impediva a un nostro giocatore di intervenire. Eppure: zero rimostranze. Spetterà farle, semmai, ai nostri dirigenti nelle opportune sedi. Magari si sarebbe comunque perso (41-18 il risultato), ma sarebbe stata un’altra storia, da giocare e raccontare, ricordare e archiviare. Viva il rugby.
E quanta correttezza anche ai Mondiali di sci a Cortina. Le azzurre dello sci, rivali, che si stringono a Sofia Goggia, la grande assente. Dominik Paris che non cerca scuse e si accusa di aver sbagliato la parte decisiva della libera. Laura Pirovano e Nadia Delago, dodicesima e quindicesima nella libera, che si dichiarano le più felici al mondo. Viva il fair play.
Un fine settimana di "altri sport"
Basket: Milano strapazza Reggio Emilia (28 punti di differenza), Venezia (31) e Pesaro (28) e conquista la Coppa Italia.
Ciclismo: prime vittorie italiane nel calendario della strada, due tappe di Davide Ballerini al Tour de la Provence e di Giacomo Nizzolo nella Clasica de Almeria.
Rugby: secondo turno del Sei Nazioni, vittorie sofferte per il Galles (25-21 sulla Scozia a Edimburgo) e la Francia (15-13 sull’Irlanda a Dublino), meno per l’Inghiterra (41-18 sull’Italia a Londra).