Dopo quindici anni di vorticosi cambi d’abito da sera, coreografie esaltate dalle luci artificiali e di recente anche giochi di led importati direttamente da Las Vegas, le esigenze televisive hanno riconsegnato il derby di Milano alla domenica pomeriggio: non succedeva da oltre dodici anni, dal maggio 2008. La città pencola tra il giallo e l’arancione, ha voglia di rimettere il naso fuori di casa ma ne ha anche il timore, come chi è stato malato a lungo e si chiede come sarà all’esterno, se si ricorderanno ancora di noi. Per ora si aggrappa al calcio per ribadire una grandezza tutta da ridiscutere, quando verrà il momento. Ci sono stati derby in cui Milano-centro-del-mondo non aveva paura di niente: dove accidenti pensate di andare, lontano da qui? Oggi invece il Milan ha una fifa blu di perdere a zero il suo bambino prodigio Donnarumma che che domani diventa il giocatore più giovane a raggiungere 200 partite in serie A, con oltre un anno d’anticipo su Rivera e Silvio Piola, ma che nei tifosi suscita un singolare paradosso: adorato per le prodezze abbaglianti e la personalità in crescendo ma non del tutto amato per le contiguità pericolose e mai abbastanza rinnegate con l’orco Raiola. L’Inter ha paura di risvegliarsi la solita Inter, usata da un altro ex juventino che non l’ha neanche svegliata prima di andare via. Non ha supereroi a parte forse Lukaku, le cui fragilità sono comunque evidenti, e nemmeno li cerca: si sta poco a poco compattando in una comunità ideale per far prosperare Antonio Conte, un esercito stringato ma fedele di gente normale capace di imprese eccezionali, forgiato dalle eliminazioni in Champions e in Coppa Italia, che qualcuno sospetta siano inciampi programmati per avere la visuale sgombra di ostacoli fino al 23 maggio. Il re dell’accampamento non è Handanovic, il capitano più silenzioso della storia del balùn; non le due facce della lunatica LuLa, troppo ondivaghe e talentuose per diventare esempio: ma un ragazzo di un metro e settantadue nemmeno provvisto di tecnica particolarmente sopraffina, dunque praticamente un parìa oggi che dai calciatori si esigono qualità sovrumane come se fossero il batterista di Whiplash. Eppure Nicolò Barella esiste: esiste, ed è il miglior centrocampista del campionato.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE