Come previsto, venerdì l’assemblea di Lega non ha dato il via libera all’offerta di Dazn per i diritti tv della Serie A del prossimo triennio. Undici voti (Atalanta, Cagliari, Fiorentina, Hellas Verona, Inter, Juventus, Lazio, Milan, Napoli, Parma e Udinese) a favore della proposta da 840 milioni di euro avanzata dalla piattaforma streaming di proprietà del magnate di origine ucraina Leonard Blavatnik, che in partnership con Tim vorrebbe trasmettere 7 gare in esclusiva e 3 in co-esclusiva a giornata. Nove i presidenti astenuti, la maggioranza necessaria era di 14 voti. Resta indietro l’offerta di Sky, che ha offerto 750 milioni per trasmettere tutte e dieci le partite ma non in esclusiva, lasciando la possibilità di creare un canale della Lega Serie A, un progetto che vale almeno altri 100 milioni (Eleven Sports ne offrirebbe 110) e stava a cuore a molti, ma che sembra essersi un po’ raffreddato negli ultimi tempi, dato che l’opzione Dazn non lo contempla. Il termine ultimo per decidere sui diritti è il 29 marzo, è probabile che ci sia una nuova assemblea già la prossima settimana, durante la quale si tornerà anche a discutere della possibile alleanza con i fondi CVC-Advent-FSI. Si annunciano giorni di trattative – a Dazn mancano tre voti per vincere – e di nuove offensive, come la lettera con cui Sky giovedì sera poneva l’attenzione su un possibile vulnus al principio della concorrenza nell’accordo tra Tim e Dazn, tra loro concorrenti sul mercato delle piattaforme. Questa sfida sui diritti tv del calcio italiano ha almeno due conseguenze positive: intanto, nessun altro campionato europeo ha visto infatti aumentare il valore del proprio prodotto come succederebbe invece per la Serie A – un particolare non secondario dato il periodo di crisi economica. Non solo, la concorrenza tra Dazn e Sky ha spinto entrambi a puntare di più sull’innovazione nelle loro offerte.
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