La corsa di Ambra Sabatini

Edoardo Cozza

L'incidente, l'operazione, il recupero, il ritorno nella pista d'atletica e il record del mondo della categoria paralimpica T63 sui cento metri. "Manca solo la medaglia olimpica per coronare il tutto"

Possono bastare cento metri percorsi in 14 secondi e 59 centesimi a dare l’impressione di quanto ci si voglia definitivamente far beffe di un destino che ha provato a intralciarci la vita? Sì, possono bastare. Soprattutto se ti chiami Ambra Sabatini e quel tempo su quella distanza rappresenta il record del mondo della categoria paralimpica T63, quella di riferimento per chi ha dovuto subire l’amputazione di una gamba da sopra il ginocchio.

    

Andiamo indietro di qualche mese: siamo a giugno 2019. Non lontano da Monte Argentario, località della provincia di Grosseto dove vive, Ambra è in scooter col papà. Sta andando all’allenamento di atletica: dopo aver praticato pattinaggio e pallavolo da bambina, adesso da adolescente è stata sedotta dalla pista. La sua specialità è il mezzofondo. Quel giorno un’automobile invade l’altra corsia e si scontra con il motorino. La gamba sinistra di Ambra rimane schiacciata tra le lamiere dell’uno e dell’altro mezzo. La situazione è grave.

   

Il destino – o chissà cos’altro – forse capisce che il tiro mancino che sta giocando è troppo per questa ragazza non ancora maggiorenne: provvidenziale è l’arrivo di alcuni vigili del fuoco di Orbetello. Stavano rientrando da un intervento di routine quando si sono accorti dell’incidente: è stato grazie a loro che Ambra è rimasta in vita, anche se poi, nell’ospedale fiorentino di Careggi, i medici hanno dovuto amputarle l’arto.

   

Ambra ha perso la gamba, ma non ha perso i sogni, il talento, i sorrisi, le speranze: da subito ha reagito con fermezza e ha deciso che lei avrebbe continuato a correre, poi si sarebbe visto come e in che condizioni: "Ho seguito un percorso unico, una strada completa che mi ha portato fin qui" dichiara la paratleta che non ha mai perso tempo. Fin da quando era ancora in ospedale si è informata sul mondo paralimpico, sulle protesi, sulle biografie di sportivi che hanno dovuto sopportare situazioni simili alla sua. E che, come lei, hanno reagito con orgoglio.

   

E così dal mezzofondo si è passati alla velocità: l’inizio con un tipo di protesi, presto sostituite: un feeling crescente e un susseguirsi di miglioramenti che l’hanno portata in cima al mondo.

  

Quel tempo di 14’59’’ che l’ha portata a superare un’altra italiana, Martina Caironi, era qualcosa che voleva fortemente e non lo nasconde: "Speravo di poter fare quel record, anche se ancora devo realizzare ciò che ho fatto: la notizia la sto metabolizzando" racconta Ambra, accolta al rientro da Dubai, da un festoso – e rispettoso delle normative anti-covid – comitato d’accoglienza in quel di Porto Ercole, la località argentarina in cui risiede. La gioia condivisa con parenti e amici si unisce ad altri complimenti: "Tanti personaggi famosi mi hanno mandato messaggi di congratulazioni" dice con il sorriso consapevole di ciò che ha combinato, ma che tradiscono l’emozione e la timidezza dell’età e della semplicità.

  

Per lei che corre veloce, velocissima, la vita continuerà tra gli studi – frequenta l’ultimo anno dell’istituto commerciale informatico, obiettivo maturità anche a livello scolastico – e le gare che ha messo nella sua personalissima agenda: parteciperà ad altre tappe del Grand Prix, poi ai campionati europei in Polonia e infine a Tokyo, a quei Giochi Olimpici che rappresentano il vero sogno, perché gli obiettivi non si fermano certo al primato mondiale cristallizzato sul tartan di Dubai.

   

Sarà un anno intenso, dunque, per Ambra che dopo l’estate comincerà un periodo di riflessione: una sorta di anno sabbatico dal punto di vista della formazione: prima di scegliere a quale facoltà iscriversi all’università vuole imparare per bene l’inglese perché "è fondamentale da conoscere per quando vado in trasferta a gareggiare".

   

Ha la testa ben piantata sulle spalle, Ambra Sabatini: la maturità come persona è arrivata da tempo, messa alla prova dalla vita prima del previsto e in maniera più dura di tanti. Lei, però, ha trovato nella corsa un modo e un mondo per sentirsi libera, per lasciar andare via tutti i pensieri negativi: "Correre è la mia valvola di sfogo – dice Ambra con la voce di chi sa sognare – ed è un modo per sentirmi abile come tutti: solo così so superare gli ostacoli e la disabilità e so essere me stessa".

   

Sono tutte sfumature di una vita giovane e incosciente, ma incosciente nel senso nobile del termine. Come Alex Zanardi, come Bebe Vio: nomi che per Ambra sono stati idoli ed esempi e impersonificano quell’obiettivo che ha messo bene in evidenza in quella agendina fitta di appuntamenti agonistici: "Manca solo la medaglia olimpica per coronare il tutto" spiega.

   

Ambra e oro, in fondo, sono solo due diverse tonalità di giallo: potrebbero riunirsi sotto forma di atleta da podio e di medaglia da consegnarle sotto un altro giallo, quello acceso e vivace della fiamma olimpica del braciere di Tokyo che doveva essere 2020 e sarà 2021. Chissà che quell’uno non rappresenti proprio una singola persona, che corre veloce, anche più del destino.

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