Il momento migliore di Juventus-Porto è la notte che la precede
I bianconeri devono ribaltare il 2-1 dell'andata per qualificarsi ai quarti di Champions League. Per Carmelo Bene "la magia del calcio sta nella sera prima di una partita nella quale la propria squadra è obbligata dalla matematica calcistica a ottenere un risultato e un risultato solo"
Sono passate più di due settimane dalla sera del 17 febbraio quando allo Stadio do Dragão il Porto riuscì a battere la Juventus per 2-1 nell'andata degli ottavi di finale di Champions League. Due settimane nelle quali i bianconeri avranno pensato e ripensato a quella sconfitta, avranno pianificato il ritorno, affinato tattiche e contromosse per cercare di ribaltare il risultato e poter così continuare il cammino europeo. Due settimane che sono occupate dal campo, quattro partite e dieci punti messi in saccoccia in campionato (vittorie contro Crotone, Spezia e Lazio e pareggio con il Verona), dagli allenamenti, dalla pianificazione. Perché si pianifica sempre nel calcio, da almeno trent'anni, sembra non esserci più posto per l'improvvisazione, sebbene poi l'improvvisazione viene sempre fuori e a volte risolve i problemi.
Due settimane di notti uguali alle altre. Tutte tranne una, questa. Perché "il magico nel calcio non sta nella partita o nel gesto tecnico, non sta nel dribbling o nel gol, sebbene il dribbling e il gol siano la sublimazione del calcio, l'innalzamento di questo sport a uno stato diverso, simile a volte alla apotesi, se vogliamo metterci del sacro in qualcosa che sacro non è. La magia del calcio, che poi è nient'altro che il nostro rapimento e trasbordo in un mondo di irreale meraviglia, sta nella sera prima di una partita nella quale la propria squadra è obbligata dalla matematica calcistica a ottenere un risultato e un risultato solo. È in quel momento, nel quale la necessità non è ancora ansiosa, perché non imminente, che il calcio offre il suo meglio, ossia l'immaginazione. Ed è un'immaginazione collettiva, che unisce giocatori, allenatori, dirigenti e tifosi, ancor più che una vittoria". Non si riferiva a nessuna partita in particolare Carmelo Bene quando pronunciò queste parole alla Radio svizzera italiana. Era estate, un'estate senza Mondiali o Europei, una di quelle estati nelle quali di solo calciomercato e amichevoli vivevano gli sportivi. L'estate del 1995, la prima dopo la finale persa a Usa 1994, l'ultima di Arrigo Sacchi alla guida della nazionale. "Un'estate viva, la più viva di tutte le estati, perché non c'è verso che possa essere rovinata".
Questa notte per i giocatori, l'allenatore, i dirigenti e tutti i tifosi della Juventus è la notte dell'immaginazione collettiva. Domani sarà troppo tardi, ci saranno le letture dei giornali, dei siti internet, le ultime notizie dallo spogliatoio, l'ansia in certi casi, il prepartita e il postpartita che imprigionaranno il ritorno degli ottavi di finale di Champions League. L'immaginazione lascerà il posto al reale, agli eventi, alle chiacchiere e alle polemiche, "perché non c'è calcio senza polemiche, d'altra parte a questo serve il pallone, a trovare il modo di lamentarci per qualcosa: siamo italiani no?". Questo è Giorgio Gaber, chissà se Carmelo Bene sarebbe d'accordo.