Il grande abbandono. Dopo Merkel la Germania saluterà anche Löw
Il commissario tecnico della Nazionale tedesca ha annunciato l'addio dopo l'Europeo. Il paese che secondo Günter Grass si è "appiccicato addosso le sembianze di Angela Merkel e Joachim Löw" perde i suoi riferimenti politici e calcistici
In una delle ultime interviste che rilasciò Günter Grass, era il dicembre del 2014, sottolineò come “in Germania viviamo da anni in una sostanziale continuità storica e progettuale, che ha ricadute anche nell’evoluzione identitaria e sociale. Ci siamo trasformati in modelli, non per gli altri, ma per noi stessi. Ci sentiamo aderenti a un nostro modo di essere, come forse mai era successo. Lo siamo politicamente, soprattutto calcisticamente. Piaccia o meno, ci siamo appiccicati addosso le sembianze di Angela Merkel e Joachim Löw. L’epoca che stiamo vivendo è la loro epoca”. A Grass non piaceva né Merkel, né Löw, tant’è.
Un’epoca che si chiuderà in questo 2021. A settembre Merkel non sarà più la cancelliera. Tra giugno, se andrà male, e i primi di luglio, se andrà bene, Löw abbandonerà la guida della Nazionale. E tutto sarà archiviato a passato. Il grande abbandono si compirà in poco più di due mesi.
Merkel aveva annunciato l’addio da tempo, Löw l’ha fatto ieri. “Dopo l’Europeo lascerò il mio incarico di commissario tecnico della Nazionale”.
Merkel e Löw sono stati i due nocchieri che hanno condotto la Germania in un’altra dimensione, quella di guida, più o meno esplicita, di un continente. Sono stati il volto attorno al quale il paese ha cambiato status internazionale. Nessuno dei due ha dato il via al cambiamento, entrambi si sono inseriti in un sistema che stava mutando, ma che hanno però avuto il merito di condurre, elaborarlo, prendendo il meglio da chi li ha preceduti e smussando ciò che produceva attrito al loro progetto.
Merkel è divenuta cancelliera nel 2005, Löw un anno dopo, al termine del Mondiale 2006, quello che la Germania organizzò, assistendo poi al successo dell’Italia guidata da Marcello Lippi. Venne scelto dal presidente della Deutsche Fußball-Bund di allora, Theo Zwanziger, perché “consapevole del percorso fatto sino a questo momento”, era il vice del precedente tecnico, Jürgen Klinsmann, “ma con una chiara idea di cosa sarà il calcio in futuro”.
Dopo il fallimento degli Europei del 2000 la Federcalcio aveva deciso di rivoltare il sistema tedesco, puntando su giovani, tifosi, solidarietà e globalizzazione. In sintesi: obbligatorietà di avere e di investire parte dei ricavati nei vivai, creazione di stadi di proprietà e di un fondo per il supporto dei club minori, corsi all’estero per i tecnici. Zwanziger puntò su Löw per fare brillare tutto questo. Il tecnico prima di entrare in Federazione era stato protagonista di qualche vittoria, a Stoccarda e in Austria, e diversi fallimenti. Ma aveva il pregio di essere “intelligente e analitico” e soprattutto di aver iniziato ad allenare nel posto giusto: Stoccarda, quello che poi diventerà il riferimento della rivoluzione calcistica germanica.
Il futuro ct fu svezzato da Helmut Groß, uno che non ha mai giocato a calcio e mai non ha mai allenato, ma che da coordinatore delle giovanili prima del Mainz e poi dello Stoccarda ha imposto tre cose, già a inizio anni Novanta: nessuna squadra deve giocare con il libero e per vincere serve raddoppiare a tutto campo e far correre il pallone più veloce degli altri. All’epoca era una rivoluzione. La sintesi tedesca del calcio olandese e quello sacchiano, i rudimenti di quello che tutto il mondo inizierà a chiamare gegenpressing, ossia la pratica di pressare l’avversario immediatamente dopo aver perso palla senza aspettare di riorganizzare la difesa, divenuto marchio di fabbrica del calcio di Jürgen Klopp.
Löw di Groß è seguace, non discepolo fedele. Il suo modo di giocare lo ha dovuto adattare alle esigenze, senza ideoligismi, ma con abile pragmatismo del Baden. "Non alleno un club, ma una Nazionale. Seleziono i giocatori più utile al progetto di calcio federale. Il mio compito non è cambiare il calcio, non è cambiare i calciatori, ma bilanciare le mie idee con quelle degli allenatori che ogni giorno allenano i miei calciatori". Il gegenpressing non l'ha mai fatto scendere in campo in maglia tedesca, lo ha riadattato, creando qualcosa di nuovo.
La scelta fatta dalla Nazionale di puntare su quell'idea di calcio, che conquisterà la Coppa del mondo nel 2014, sdoganò in tutta la Germania quel modello di gioco. Senza quella scelta di abbracciare l’eresia del calcio tedesco, probabilmente Jürgen Klopp e Thomas Tuchel avrebbero fatto molto più fatica a imporsi in panchina.