Il cricket femminile è diventato grande
Questo sport in Italia è arrivato nell'800. A marzo si è concluso il campionato 2020. Così il movimento sta crescendo e trovando i suoi spazi
Un’ottantina di tesserate, quattro ragazze di origini italiane, una pakistana e le altre tutte di background srilankese. Questo conta attualmente il cricket femminile italiano che domenica 14 marzo ha celebrato il ritorno all’attività agonistica con la finale T20 (una delle formule con le quali si possono giocare i match) del campionato tra la Roma Cricket Club e il Padova, finale giocata nel 2021 a causa della pandemia di Covid-19. Hanno vinto le ragazze romane guidate dalla capitana Kumudu Peddrick, premiata come migliore giocatrice della partita; tutto questo nel giorno del suo compleanno.
Prabath Ekneligoda è il fondatore della squadra della capitale, il quale, appena c’è stata la possibilità, ha creato pure quella femminile di cui è allenatore, nonché coordinatore delle rappresentative azzurre femminili: “Le ragazze devono avere qualità atletiche e mentali importanti, non dimenticando mai che il cricket è un Gentleman’s Game per l’estremo fair play che vige in campo. Il campionato per adesso è giocato da sei squadre, ma il futuro è nella scuola, per fare proselitismo, questo è il progetto sul quale dobbiamo lavorare forte appena l’emergenza pandemica rallenterà”.
Il cricket in Italia è arrivato nell’800. Il Genoa e il Milan prima che squadre di calcio lo erano di cricket, questo era lo sport estivo, l’altro quello invernale. Nel secondo dopoguerra si è poi riaffacciato a Roma come circolo informale intorno alle ambasciate, fino alla nascita della federazione: 26 novembre 1980. Il primo campionato femminile, però, è stato disputato in Sicilia nel 2001 con sole squadre locali a parte il Maremma (Grosseto, dove c’è un’importante tradizione di baseball), il secondo idem, con tutte formazioni catanesi; frutto della sponsorizzazione della Regione. Poi più niente fino al 2009, mentre nel 2013 e 2014 c’è stata la divisione in serie A e B, anche se le squadre non sono state in totale più di sette. Il commissariamento della federazione lo ha interrotto per riprendere nel 2019 come torneo non ufficiale e finalmente è ripartito l’anno scorso con sei squadre: Kent Lanka (Napoli), Lucca, Neptunia 2000, Padova, Roma e Royal Padova. Questa rinascita la si deve al lavoro di Lorena Haz, vicepresidente federale e presidente della Roma Cricket Club, Prabath Ekneligoda e Thilini Indipolage Kariyawasam, presidentessa del Milan Kinsgrove, vincitore di due titoli consecutivi femminili (2011 e 2012), nonché componente del Consiglio federale e figlia di Kamal Kariyawasam, considerato il più grande allenatore di cricket in Italia.
La rinascita del campionato, il progetto scolastico, quello di organizzare una rete di tornei regionali (anche per via del Coronavirus) e investire negli impianti e nei campi da gioco sono quattro tasselli fondamentali per il rilancio del cricket femminile (e maschile) in Italia, in un momento in cui a livello mondiale si spinge e si investe molto nello sport femminile in generale. In Australia l’8 marzo dell’anno scorso a vedere la finale del Mondiale femminile T20 c’erano 86.174 spettatori, diventando l’evento live più visto nell’anno della pandemia. Mondiale vinto dall’Australia contro l’India. Ma questi sono livelli distanti dal cricket femminile italiano. La Nazionale femminile azzurra vanta tre vittorie consecutive nel torneo europeo, dal 2013 al 2015, non riconosciuto dall’International Cricket Council perché non vi prendono parte le squadre più forti come l’Inghilterra: “Il livello è oggettivamente basso rispetto al panorama internazionale. Da una parte bisogna creare vivai in tutta Italia, dall’altra giocare più partite possibile. Ad agosto la Nazionale femminile dovrebbe disputare un triangolare a Roma contro l’Austria e un’altra rappresentativa”, ricorda Prabath Ekneligoda. La finale del campionato è stata trasmessa su YouTube dall’European Cricket Network, diventando la prima partita trasmessa in diretta streaming del cricket femminile italiano, seguita da 19.000 spettatori collegati da tutto il mondo.
Quando giocano gli uomini le donne stanno a bordocampo con i bambini e preparano cibo e bevande per il dopo partita. Quando giocano le donne sono i mariti a svolgere questi compiti. Non sempre però le ragazze ottengono il permesso di giocare da parte della famiglia o non sono ben viste dalla comunità di riferimento. Motivo per cui giocatrici pakistane, bengalesi, indiane e afghane in Italia se ne vedono poche (e comunque nessuna bengalese, indiana e afghana al momento è tesserata), mentre la maggior parte è srilankese; in India solo nel 2017 è nato il primo campionato femminile professionista. Kumudu Peddrick ha iniziato a giocare in Sri Lanka nel 1998 e nel 2000 si è trasferita nel nostro Paese rimanendo ferma fino al 2010 perché non c’erano squadre femminili: “Al cricket femminile italiano auguro di ripartire come in passato, andare avanti e migliorare”.
Attualmente in squadra sono ammesse solo due straniere, dove per italiana s’intende la residenza; quando lo sport sa essere più lungimirante della politica. I ragazzi guardano al calcio o a ad altri sport, le ragazze invece sono più curiose e abbandonano senza paure e pregiudizi le proprie zone di comfort, come ha fatto Aurora Dametto, una delle due italiane (l’altra è Giada Guarda) che milita nel Padova: “Ho iniziato dopo avere visto il cricket a una festa dello sport. Non so per quale motivo mi sia piaciuto, perché ci si diverte, si sta in compagnia. Ma quando ho provato a convincere alcuni compagni a partecipare non ci sono riuscita”. Da quest’anno il cricket in Italia ha anche la sua rivista di riferimento, segno che qualcosa si sta muovendo, dove maschile e femminile s’intrecciano senza problemi; dal Gentleman’s Game al Lady’s Game il passo potrebbe essere breve.