Tv e diritti. La cultura del rischio spiegata con il caso Diletta Leotta
Dazn, lo streaming, l’era della app e quegli azzardi che pagano. Vuoi vedere che il calcio in rete risolverà anche il problema banda larga?
E’ una storia esemplare di “capitalismo e avidità”, direbbe Boris Johnson. Gli ingredienti ci sono tutti: tenacia, rischio, scommessa, molto azzardo, molti soldi e Diletta Leotta. Dazn si prende i diritti della serie A, scavalca il grande Moloch Sky e apre una nuova fase del calcio televisivo. E’ lo streaming, bellezza. Tre anni fa, quando era lo zimbello di internet, con una sigla impronunciabile, le partite che si interrompevano o sembravano trasmesse in differita, nessuno avrebbe pronosticato la scalata ai vertici del calcio. Però nel frattempo, la connessione migliorava, i soldi delle società di serie A diminuivano, il mondo cambiava. Il Covid ha fatto il resto. Sky ora prova a trattenere gli abbonati con maxi-sconti, regali, saldi di fine stagione. Ma nell’epoca delle App, Dazn è la Netflix del calcio e Sky diventa la Rai, col suo cumulo di giornalisti e opinionisti sportivi che ora dovrà non mettersi in fila per andare a lavorare a Dazn.
Chi l’ha capito prima di tutti è stata proprio Diletta Leotta. Nel 2018 molla il bordo campo della serie B di Sky. Per lei si pensa a “Quelli che il calcio”. Un posto sicuro, tranquillo, nella tv di Stato. Invece no. “Dicevano che Sky mi aveva preso solo per le tette, ma non è per quello che me ne sono andata. Ho scelto di andare a Dazn perché era una nuova sfida e perché sentivo che il mercato della tv satellitare stava cambiando”. Tiè. Adesso il calcio è tutto suo. Forse le tette sono un ingrediente fondamentale di questa storia, o forse no. Quel che conta è che ha avuto ragione lei. Michela Murgia potrebbe scriverci su il seguito di “Stai zitta”. Una storia del calcio televisivo e delle sue rocambolesche trasformazioni “tutta al femminile”: Alba Parietti, Simona Ventura, Paola Ferrari, Ilaria D’Amico e ora Diletta Leotta su Dazn. La Rai, lo strappo delle tv private, l’arrivo della pay tv e poi lo streaming, l’era delle App.
Certo i dubbi ci sono. Le criticità sono molte. Per esempio, Dazn non ha uno studio televisivo, come Airbnb non ha gli alberghi. Suggeriamo subito l’acquisto della “Nuvola” di Fuksas, quando avremo finito con i vaccini. Poi c’è il gran problema della banda larga, del ritardo cronico delle nostre infrastrutture. Tutti i colossi dello streaming che investono sul nostro paese si gettano sempre in una scommessa folle. In genere, la vincono. Vittorio Colao, ministro dell’Innovazione della transizione digitale, dice che il 60 per cento delle famiglie italiane non ha internet o naviga molto lentamente. Il problema della didattica a distanza è anche questo. Ora che il calcio si trasferisce tutto in rete, abbiamo motivo di credere la banda larga non sarà più un miraggio. Il calcio aiuterà il paese e anche la scuola. E’ questa l’economia circolare che ci piace.