Il Foglio sportivo
Venduti i diritti, rifacciamo la Serie A
Rivoluzione streaming, Dazn batte Sky. Ma il litigioso e vecchio calcio italiano è sempre più indifendibile
Che calcio stiamo difendendo? Che calcio pensiamo? Le domande epocali sorgono urgenti di fronte al grande dibattito sull’annunciato, e osteggiato ferocemente, progetto di Superlega, di Super Champions, di un calcio in stile NBA dove conteranno le franchigie, il marchio, il palmares, la spendibilità del nome urbi et orbi e non quello che conquisti di anno in anno sul campo, mettendoti in gioco. O almeno conterà molto di meno, in un futuro di Real Madrid, Juventus, Bayern Monaco, un mondo di John e di Paul, dove gli altri saranno solo Ringo Starr. Questo mondo non ci entusiasma, ne possiamo fare anche a meno, però certe difese dell’esistente ci sembrano avvolte dalla lontananza dalla realtà, dall’idea che il pallone sia ancora quello di cuoio grezzo, quello che rotola in un racconto di Soriano. Purtroppo non è più così. Insomma, quando si alzano le barricate bisogna avere qualcosa da difendere. In questo caso cosa difendiamo? La contraerea più rapida a entrare in azione contro Andrea Agnelli, identificato, in qualità di presidente dell’ECA, l’associazione dei club europei, come il “cattivo” per antonomasia, l’Henry Fonda di C’era una volta il West, spietato assassino di vecchi, donne e bambini, anzi dei sogni di vecchi, donne e bambini in questo caso, sono stati gli inglesi. Non per una questione di principio o di romanticismo – sforbiciamo la siepe: qui per principio o ideale non fa niente nessuno – ma per una ragione commerciale. L’Inghilterra “è” la Premier League, otto squadre tra le prime venti più ricche d’Europa sono inglesi. Secondo Deloitte Money Football, un’ottantina di televisioni internazionali assicurano alla Premier un’audience media a partita di 12 milioni di spettatori, e il potenziale di 4,7 miliardi di persone sulla terra che guardano il pallone made in England. Per il triennio 2019-2022, di diritti tv globali la Premier League ha incassato 10,4 miliardi di euro. Per questo non vogliono concorrenti, super leghe, super Champions, niente che possa intaccare il tesoro della corona. Stanno bene a casa loro. La Brexit, nel calcio, l’hanno coltivata in anticipo su quella politica.
Ognuno presidia il suo fortino, dunque, anche se cerca di far crescere l’edera sui bastioni per renderlo più vezzoso. Ma torniamo a noi: che cosa difendiamo? Contro la Superlega, schieriamo una Lega litigiosa e inconcludente, che non ha un progetto comune, che è divisa su tutto, dove si creano strane alleanze in nome non di sorti progressive, ma della difesa del proprio interesse. Nessuno, confessiamolo, ha capito bene cosa stia succedendo in via Rosellini, o meglio nella piattaforma virtuale che ora raduna in streaming, causa Covid, gli ex frequentatori della sede milanese della Lega di serie A, ora deserta. Difendiamo questa Lega minore che litiga su tutto? Ieri, quasi allo scadere del bando, ha assegnato i diritti tv a Dazn strappandoli a Sky. Parentesi: così, a istinto, ci piaceva di più la linea di Giovanni Carnevali del Sassuolo e del bizzarro legame Geno-Samp, Ferrero-Preziosi, che parevano più preoccupata per i tifosi e della fruibilità del giocattolo. Chiusa parentesi. Difendiamo questa Lega che, senza l’intervento del presidente federale Gabriele Gravina, un anno fa non avrebbe mai ricominciato il campionato, come al solito travolta da litigi di piccolo cabotaggio tra chi voleva riprendere perché accarezzava il sogno scudetto e chi voleva chiudere e congelare tutto perché temeva la retrocessione? Una Lega che dopo il trionfale annuncio dell’ingresso dei “Fondi”, non ha ancora concluso l’iter perché, chi era in prima linea nella commissione che gestiva la trattativa con i suddetti, e cioè i presidenti di Juventus e Napoli, Agnelli e De Laurentiis, ora per ragioni diverse è contrario. Uno perché non vuole clausole anti-Super Champions o Superlega, l’altro (come Lotito, Lazio), perché vuole continuare a determinare le condizioni meteorologiche nel calcio italiano e teme che questi “Fondi”, giustamente, possano cambiare il clima.
Cosa difendiamo? I furbetti del tamponino o quelli del protocollino? Un campionato vissuto tra rinvii, furbate, tribunali che smentiscono altri tribunali, protocolli superati, Asl schierate a zona e tamponi gestiti come capita e come conviene? È questo il calcio che vogliamo difendere dai tentacoli delle plutocrazie del football europeo? Certo, c’è il lato selvaggio e attraente del Benevento che vince a Torino, uno su mille ce la fa. Ma anche quello, prevalente, vuoto e ipocrita scatenato dall’addio di Cesare Prandelli. L’ex ct, andandosene, ha scritto “non mi riconosco in questo calcio”. E tutti a esaltarlo, come se parlasse di chissà chi/cosa. Parlava di noi, che viviamo tra minority report, insulti, meschinità, partito preso, noi con la fissa per gli arbitri noi che abbiamo inventato i moviolisti e i giornalisti tifosi. Vogliamo batterci per questo calcio? Mi tocca parafrase un famigerato slogan degli Anni di Piombo: né con le “Super”, ma neanche con tutto questo.