Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza
Il calcio, una divina commedia
A quale girone appartenga Conte non è dato saperlo, visto che talvolta, travestendosi da rompiscatole, si mimetizza. Intanto vince e se la gode mentre agli altri toccano le pene dell’inferno
L’estetica sta diventando un’ossessione anche nel calcio, dove il gioco di una squadra viene classificato, da tifosi e vari osservatori, bello o brutto a seconda di canoni scontatamente arbitrari. Dividiamo il ragionamento in categorie, anzi in gironi, come in una scherzosa divina commedia del pallone. In alto c’è il girone dei “giochisti”, uomini seduttivi, edonisti, che amano lo sfarzo, l’oro, i riccioli che cadono sul viso, una dialettica fine a se stessa, la vanità di una parola tanto ricercata quanto superflua. All’opposto, più in basso, si pone il girone dei “risultatisti”, soggetti prevalentemente soli, fuori moda, le giacche di velluto anche d’estate, la barba di tre giorni e una sigaretta tra le labbra, un parlare schietto, senza indugi. In mezzo, il girone dei “dubbiosi”, esseri incostanti, con un punto interrogativo pendente sulla fronte, che amano il tramonto ma anche l’alba, le bionde ma anche le brune. Forse un tempo, per chi già poteva farlo, hanno votato Dc, trovando il modo poi di farsi perdonare.
I “giochisti” tutto sommato se la spassano, anzi se la passano. Per loro, quello che conta, è catturare l’attenzione, mettersi al centro della festa, essere ascoltati fino a tarda notte. E se non tirano in porta, cambia poco. I “risultatisti”, chiariscono subito il pensiero, correndo il rischio di diventare antipatici. La buttano anche in rissa, se necessario, pur di farsi comprendere. Il tiro in porta, per questi pseudo peccatori, è l’unica cosa che conta. I “dubbiosi”, diciamolo francamente, ci assomigliano, soprattutto di questi tempi in cui l’essere al centro è sinonimo di equilibrio e non di opportunismo. I “dubbiosi” non hanno certezze come nella loro natura. Ma una cosa la sanno: per misurare la forza di una squadra occorre valutarne il grado di pericolosità offensiva.
Alcuni esempi. Ogni volta che l’Inter va in attacco rischia di segnare. Non è importante se ci va tanto o poco, quello che conta è il senso di minaccia che trasmette all’avversario tutte le volte che si porta dall’altra parte. Perché è proprio con quella forma di intimidazione che tiene in pugno la partita. La stessa cosa si può dire dell’Atalanta la quale, non a caso, insieme all’Inter, è la squadra che ha segnato di più. Per questo motivo ha ragione Conte quando ironizza sul lifting, in quanto la bellezza è un concetto molto relativo nel calcio e non può essere indipendente dal risultato finale. Lo sa bene il Bayern di Monaco che ha giocato decisamente meglio del Paris Saint-Germain, ma perso per 3-2. A quale girone appartenga Conte non è dato saperlo, visto che talvolta, travestendosi da rompiscatole, si mimetizza. Intanto vince e se la gode mentre agli altri toccano le pene dell’inferno. Questo è il calcio, caro Dante: davvero una divina commedia.