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Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Claudio Ranieri, l'imperatore romano

Alessandro Bonan

L'allenatore romano alla guida della Sampdoria sta vivendo una stagione più che positiva, l'ennesima di una carriera lunghissima. E potrebbe non essere l'ultima. Indipendentemente dai blucerchiati

Esiste un tempo in cui l’uomo accetta le inevitabili sconfitte dell’età. Nulla diventa come prima, dove quel prima è il profumo di un amore, lo slancio di una conquista professionale, l’abbraccio eterno di un amico. Ma ci sono uomini che ritardano l’appuntamento con la nostalgia, la dolce malattia dei vecchi. Uomini per cui tutto è ancora adesso: uno scorrere fresco, potente, della vita. Sono persone speciali, a volte nate così, a volte cresciute guardandosi bene allo specchio, cercando di scoprirsi senza vergogna, né inganni, anno dopo anno; osservandosi dentro in maniera tanto approfondita, da garantirsi un futuro più lungo. Nel calcio ci sono allenatori giovani e meno giovani. Poi c’è Claudio, l’imperatore romano, che avrebbe più anni degli altri ma parla con le certezze di un precursore. È uno di quegli uomini capaci di spostare l’orologio più avanti. Il suo impero, incredibile a dirsi, comincia adesso, quando l’età dovrebbe rivelarsi ostile. Guida la Sampdoria con sicurezza, la mano ferma, lo sguardo fiero, la morale incorruttibile. Forse non resterà a Genova ma di sicuro non lo vedremo abdicare, in favore di qualche nipote scalpitante. La sua sovranità potrebbe durare ancora tanto, visto il modo in cui l’imperatore si comporta.

 

Nel suo passato brilla l’Inghilterra, la campagna più riuscita di questo signore nato al centro dell’Urbe. Al Leicester, Ranieri ha dato un senso definitivo alle sue competenze e circondato la sua immagine dell’aura che ancora gli mancava: quella del vincente. Una letteratura spiccia, poco psicologica, lo aveva etichettato come un semplice rimedio. Hai un problema con la forfora? Usa shampoo Ranieri: accarezza la cute, elimina il fastidio, restituisce capelli più belli. Invece l’uomo di Testaccio non era questo, ma molto di più. Offuscati dai mancati successi alla Roma, alla Juventus e all’Inter, lo avevamo male interpretato. Nella sua carriera c’è una data che in molti hanno trascurato: 18 aprile 2010. È il giorno del derby Lazio-Roma. Nell’intervallo Ranieri lascia negli spogliatoi due simboli, Totti e De Rossi. La squadra è sotto 1-0. L’imperatore romano sa che il destino del suo mandato è appeso a un filo. Con il coraggio dei giusti, recide il filo e se la gioca a modo suo. Tutti sanno come andò a finire. Quello che accade dopo è un rapido succedersi dei fatti. Passata l’Inter, come si va oltre una piccola tempesta, si è messo a viaggiare verso terre scomode, perfino in Grecia, con la sua crisi residua di popolo e di denaro. Sembrava l’inizio della fine, così non è stato. Oggi, siamo alle pagine finali dell’ultimo romanzo, a volte le più belle. La storia si arricchisce di particolari, la scrittura corre veloce verso la conclusione, prima di un nuovo inizio. L’imperatore Claudio ha ancora intatta l’energia per stringere con forza la sua vita davanti a una panchina. 

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