Riccardo Squillantini / La Presse

L'intervista

“Il calcio è vittima di un'aggressione dei grandi club”. Parla Matarrese

Michele De Feudis

Lo storico dirigente del calcio italiano e mondiale descrive il mondo del pallone come impazzito: “Il meccanismo è ormai senza freni: più soldi trovi, più i club spendono”. Ma ipotizza con realismo una via d’uscita: “Fifa, Uefa e i grandi club si devono mettere intorno a un tavolo per trovare una soluzione"

Presidente, chi ha il pallino in mano per fermare la disgregazione del calcio internazionale: la politica, le istituzioni del football? “Sono in tre ad avere le leve: Fifa, Uefa e i grandi club. Si devono mettere intorno a un tavolo per trovare una soluzione e non far polverizzare il sistema calcio”. A parlare è Antonio Matarrese, classe 1940, deputato Dc per quattro legislature, ma soprattutto detentore di un cursus honorum sportivo senza eguali in Italia: è stato presidente della Lega calcio, presidente della Figc, e dopo vicepresidente Uefa e Fifa, nonché tra i promotori dei Mondiali di Italia ’90.

 

L’dea della “super lega europea” è stata una proposta ricorrente, anche nei decenni scorsi. Perché il progetto si materializza in questo frangente? “Adesso assistiamo ad un'aggressione al sistema calcio da parte dei grandi club. In passato le cose andarono diversamente”. Matarrese è un fiume in piena, e il Foglio lo raggiunge mentre è in viaggio per Roma. “Nel 1991-92, il comitato esecutivo Uefa ricevette una proposta simile da Media Partners. L’offerta era fantasmagorica: si voleva “acquistare” la Coppa campioni, con cifre da ubriacare i presidenti dei club. Allora ci fu una reazione compatta dei dirigenti sportivi europei, che erano presenti in quell’organo con i leader delle rispettive federazioni. Dicemmo di no. Altri tempi”. I conti in rosso dei top club sono il volano di questa scelta dirompente? “Un tema è, certamente, l’indebitamento dei bilanci. Ma il meccanismo è ormai senza freni: più soldi trovi, più si spende. La crisi economica ha disorientato i dirigenti delle dodici società della Super League, che hanno scelto una strategia di questo tipo: “prendo tutto quello che c’è, e poi si vede”. Si comportano come l’imprenditore che sta fallendo e, preso dal panico, commette errori gravissimi. In questo caso le scelte sbagliate minano le fondamenta del calcio. E le minacciate ritorsioni di Uefa e Fifa purtroppo non sono risolutive”. L’effetto pandemia? “Gli stadi vuoti, per paradosso, hanno facilitato lo strappo: i dirigenti dei super club hanno approfittato delle tribune vuote, perché lanciare questo progetto - con le curve piene - sarebbe stato ben più differente e complesso…”. Il calcio, però, a livello internazionale aveva bisogno da tempo di riforme, e le istituzioni sono state troppo lente nel dare risposte adeguate: “Non so indicare responsabilità. Le società, però, hanno una autonomia gestionale che le porta ad esagerare: l’attuale calcio si basa sulla forza del denaro. Le spese alle stelle hanno fatto fallire tanti club: basterebbe ricordare la vicenda del “nostro” Bari calcio. La società ci è costata un patrimonio, ha messo in crisi la nostra azienda familiare di costruzioni. E ora nemmeno i De Laurentiis, che stanno investendo, riescono a riportare i galletti nel calcio che conta”.

 

Matarrese, infine, si sofferma sull’anima profonda del calcio: “Il tifoso vuole vivere di emozioni e risultati impossibili. I papà vogliono poter raccontare di aver visto sulle gradinate, insieme ai propri figli, i due ragazzini terribili, Antonio Cassano e Hugo Enyinnaya, battere con il Bari la blasonata Inter, come nella celebre partita del 1999 al San Nicola… La differenza la fa la voglia di sognare. Il calcio ha bisogno di favole. Chi non le sa scrivere, non può stare nel mondo del pallone”.

 

Di più su questi argomenti: