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Setteperuno

La resistenza di Vanessa Ferrari

Marco Pastonesi

La ginnasta ha conquistato la medaglia di bronzo agli Europei nel corpo libero. Ci è riuscita a 30 anni, un’età nella quale in molte hanno già smesso. L’ha fatto accompagnata dalle note di “Bella ciao” nel giorno della Liberazione. Ma da che parte sta lo sport?

Ieri ha conquistato la medaglia di bronzo agli Europei nel corpo libero. Felice. Strafelice. Perché era la quinta volta che saliva sul podio della specialità regina nella ginnastica artistica: seconda nel 2006, prima nel 2007, prima nel 2009, seconda nel 2014. Perché ci è riuscita a 30 anni, un’età da allenatrice o da commentatrice o da spettatrice. Perché in una carriera infinita ha dovuta sottoporsi a operazioni chirurgiche ai tendini di Achille e alle caviglie, un calvario con il rischio di restare zoppa. E perché l’ha fatto accompagnata dalle note di “Bella ciao” nel giorno della Liberazione.

 

 

Vanessa Ferrari è la Farfalla: volante, volatile, aeronautica. Il suo palmarès è la cassaforte della banca (dello sport) d’Italia: un oro, un argento e tre bronzi ai Mondiali, quattro ori, tre argenti e quattro bronzi agli Europei, cinque ori, tre argenti e cinque bronzi in Coppa del mondo, oltre a 22 titoli italiani individuali e sette di squadra. Ha ricevuto anche il Diploma olimpico, riservato ai più bravi, anche se non vincenti: quarta a Londra 2012, proprio nel corpo libero, anche se a pari punti con la terza, e quarta anche a Rio de Janeiro 2016, sempre nel corpo libero, sta puntando a Tokyo 2021. Arrendersi – agli infortuni (“flagellata dagli infortuni” ha scritto sul suo sito Internet) e all’età – è una parola eliminata dal suo dizionario.

 

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Novanta secondi di performance finale, dorsale 158, i cinque cerchi olimpici tatuati tra collo e schiena. Lei, la prima al mondo ad avere eseguito un doppio salto indietro raccolto con doppio avvitamento. “‘Bella ciao’ come inno alla resistenza – ha scritto Vanessa alla vigilia della gara europea - dopo tutto ciò che ho passato. Sarà solo una coincidenza. Non so, ma ho già i brividi”. “Questa medaglia è per me un simbolo di resilienza e di resistenza – ha dichiarato Vanessa a cerimonia di premiazione conclusa -. Lo dimostra la mia storia agonistica fatta di successi e sconfitte. Non ho mai mollato. I miei sogni mi danno la forza per andare avanti. Dedico questa medaglia all’Italia in una data così importante per il nostro Paese, il 25 aprile. Speriamo di poterci liberare presto anche della pandemia e tornare a riempire i palazzetti, riaprire le palestre, far ripartire le società”. Più che una dichiarazione, un discorso, o forse un’orazione che ha immediatamente contagiato Mauro Berruto, ex ct della Nazionale di pallavolo e responsabile Sport della segreteria del Pd: “Ci sono medaglie che valgono doppio, come quella di Vanessa Ferrari oggi a Basilea. La sua storia e quell'esercizio sulle note di ‘Bella ciao’ sono il simbolo di chi resiste e non ha paura di dire da che parte sta! Brava Vanessa!”. A sinistra.

 

 

Ma da che parte sta lo sport? A giudicare dai quattro candidati alla presidenza del Coni – l’uscente Giovanni Malagò e gli sfidanti Antonella Bellutti, Franco Chimenti e Renato Di Rocco -, lo sport italiano sembra più conservatore che progressista. Solo Bellutti si fa promotrice delle proprie “diversità”: “Sono molto fiera di affrontare questa candidatura da donna, atleta, vegana, componente della comunità Lgbt+ - ha detto Antonella il giorno in cui si è presentata - e con le mie tante ‘diversità’ vorrei rappresentare un esempio da accogliere, non da tollerare, utile per uno sport inclusivo capace di esprimere il suo enorme valore in favore di tutte e tutti, nessuno escluso! Mi piacerebbe che la mia candidatura servisse anche a dare forza e visibilità alle tante attiviste ai tanti attivisti che ogni giorno si impegnano per i diritti”. E comunque la proclamata, sbandierata, unanimemente desiderata indipendenza dello sport non significa che il diritto allo sport non abbia una sua valenza politica e non soltanto sociale.

 

In certi casi lo sport – o meglio, alcuni atleti – si è schierato. E a cominciare dal senso della Liberazione, in quel periodo storico tra gli staffettisti con i partigiani c’erano i corridori: in bicicletta, fingendo (ma neanche tanto, ma neanche troppo: era comunque un allenamento alla sopravvivenza) di allenarsi, trasportavano viveri, documenti, perfino armi. Da Settimio Simonini (del 1913) ad Alfredo Martini (del 1921), da Renzo Zanazzi a Vittorio Seghezzi (tutti e due del 1924). Invece dall’altra parte c’era anche Pietro Chesi (del 1912), camicia nera nella Legione della milizia e poi repubblichino nella Guardia nazionale repubblicana, dopo la guerra preso e condannato ma riconosciuto e salvato per i suoi meriti sportivi, poi ripreso e ricondannato, stavolta non riconosciuto e ucciso.

  

La storia dello sport può vantare pietre miliari politiche: il podio dei 200 metri all’Olimpiade di Città del Messico nel 1968 (gli afroamericani Tommy “Jet” Smith e John Carlos con il pugno chiuso e il guanto nero, ma anche il bianco australiano Greg Norman con la spilla dell’Olympic Project for Human Rights) o la bandiera dell’Europa e non quella dell’Italia con cui Elisa Di Francisca festeggiò la medaglia d’argento nel fioretto all’Olimpiade di Rio 2016 (“Con questa bandiera – spiegò la schermitrice - voglio mandare il messaggio che l’Europa è unita e lotta contro il terrorismo”).

 

Segnali, tracce, impronte. Testimonianze, moniti, dediche. Comunque salutari. Un modo per restare attaccati al resto del mondo e della vita. Anche con salti mortali e fra avvitamenti.

  

Un fine settimana di "altri sport"

 

Basket: Milano vince a Pesaro (88-81) ed è sempre prima in classifica.

 

Tennis: momento d’oro per gli italiani, Matteo Berrettini si aggiudica l’Open di Serbia a Belgrado e Jannik Sinner perde in semifinale (ma da Stefanos Tsitsipas, poi battuto in finale da Rafa Nadal) nell’Atp di Barcellona.

 

Ciclismo: lo sloveno Tadej Pogacar conquista la Liegi-Bastogne-Liegi, l’ultima delle classiche del nord.

 

Rugby: Sei Nazioni donne, l’Italia perde la finale per il terzo e quartro posto con l’Irlanda (25-5) dopo avere concesso l’inversione del campo. Il torneo vinto dall’Inghilterra sulla Francia.

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