Foto Figc (Fifa Beach soccer World cup 2019)

Il Foglio sportivo

Rovesciate mondiali sulla sabbia: torna il beach soccer italiano

Francesco Gottardi

Un progetto che cresce e vuole ripartire dall’argento del 2019. Parla il ct Del Duca: “Saremo pronti”

L’ultima immagine è l’acrobazia di Ramacciotti, a indorare la pillola dell’argento mondiale. Era il 1° dicembre 2019: l’Italia si scaldava con gli Azzurri del beach soccer, accarezzando un trionfo nel torneo più ambito che fra tutte le Nazionali appartenenti alla Figc – calcio maschile e femminile, giovanili, futsal e beach – manca dal 2006. I ragazzi di Emiliano Del Duca avevano già vinto l’Europeo 2018. La nostra Serie A è tra i migliori campionati al mondo. Ma fu allora, “grazie a una copertura mediatica senza precedenti”, che il grande pubblico si avvicinò davvero all’alchimia di questo sport. Dinamico, intenso, spettacolare: un po’ calcetto – si gioca 5 vs 5 – e con tutta l’imprevedibilità del pallone fra le dune. E adesso? Dal 19 al 29 agosto, in Russia, ci sarà un altro Mondiale: l’Italia non gioca una partita dalla finale del precedente. “Ora però è stato ufficializzato il calendario internazionale per il 2021”, dichiara il ct Del Duca al Foglio sportivo. E anche per i club, da martedì sono state riaperte le iscrizioni al prossimo campionato italiano. “Finalmente abbiamo messo nel mirino la ripartenza. Organizzeremo un’adeguata preparazione e ci faremo trovare pronti: per arrivare a Mosca dovremo passare per le qualificazioni europee di fine giugno. Un primo, durissimo appuntamento”. Anche perché fin qui è toccato fare di necessità virtù.

 

“In quest’ultimo anno e mezzo – prosegue Del Duca – ci siamo fermati come tutto lo sport non professionistico”, il nostro beach è sotto l’egida della Lega nazionale dilettanti. “Ma non abbiamo mai smesso di seguire i ragazzi a casa, con regolari programmi di allenamento individuale e in palestra. Chi aveva accesso alla spiaggia, restrizioni permettendo, ha lavorato anche su sabbia. Qualcuno invece è riuscito ad andare a giocare all’estero”. Svizzera, Polonia, Portogallo: scappando dal Covid, laddove i campionati continuavano. “Nel beach non è una novità”, spiega Del Duca. “Lo status di non professionisti consente ai calciatori di giocare in più leghe, con varie squadre, anche all’interno della stessa stagione. Un lavoro d’incastro con le date per mantenere la condizione”.

  

Foto Figc (Fifa Beach soccer World cup 2019)

 

Eppure il gap atletico con le altre Nazionali non preoccupa. “Servirà reagire al nuovo inizio. Ma sono sereno, perché conosco la carica di questo gruppo”. Il ct presenta i suoi ragazzi: “Lavoriamo insieme da anni, ormai siamo una famiglia a tutti gli effetti. E una squadra equilibrata, composta da tanti leader”, dai guantoni di Del Mestre fino ai gol di Gori. “L’ingrediente più importante è che in azzurro si viene a giocare con gioia, mettendosi a disposizione dei compagni”. È storia, non retorica: l’ultimo arrivato è Josep Junior Gentilin, talento classe 2000 cresciuto fra le spiagge di Copacabana. Mamma brasiliana e papà italiano. “Giuseppe”, lo chiama con affetto Del Duca, “l’ho dovuto letteralmente andare a prendere a casa. Poteva scegliere entrambe le Nazionali: gli ho fatto capire quanto sarebbe stato centrale per il progetto Italia, ma senza mettergli eccessiva pressione. Ha provato, si è integrato benissimo con i ragazzi e si è convinto. Alla fine è stato tra le rivelazioni del Mondiale 2019”.

 

È da lì che gli azzurri vogliono ripartire. “Fu un’autentica escalation”, fioccano i ricordi del Paraguay. “Nell’ultimo torneo di preparazione non facemmo bene, avevamo diversi acciaccati. Poi al debutto arrivò la netta vittoria contro i vicecampioni in carica di Tahiti: in quel momento abbiamo capito di poter dare fastidio a tutti”. La Svizzera superata all’ultimo millesimo – altro memorandum del beach: il cronometro si ferma come nel basket –, la Russia ai supplementari sotto il diluvio. Il tutto facendo i conti con i ritmi forsennati della competizione. “In media più di una partita ogni due giorni: il match per la coppa l’abbiamo giocato a nemmeno 24 ore da quella tiratissima semifinale. Pagando un po’ di energie proprio sul più bello”. Rimpianti? “Per forza. Ma il Portogallo che ci ha battuto è uno squadrone. E il secondo posto non deve svilire il cammino che abbiamo fatto: mostrando la bellezza di questa disciplina, coinvolgendo le persone attorno a noi. Entusiasmare contava quanto arrivare in fondo. Ora riprendiamo da dove ci eravamo interrotti: per rivivere la gioia dei ragazzi dopo una vittoria, la vita di gruppo in hotel – perché il tour de force è anche mentale, soprattutto fuori dal campo. E l’emozione dell’inno di Mameli, con la gente a casa a guardarci. Dopo tutto quello che ha passato il nostro paese, la responsabilità è ancora più grande. Fare quell’ultimo step verso l’oro è nelle nostre corde”.

  

Foto Figc (Fifa Beach soccer World cup 2019)

 

Del Duca, 47 anni, parla con la maturità di chi allena dall’alba del beach soccer. “Era il 2002: all’epoca si trattava ancora di uno sport da turismo estivo, gestito da un ente privato. La svolta arrivò due anni dopo, con l’ingresso della Figc che ha investito molto nel settore, creando la struttura e i presupposti per un salto di qualità a livello mondiale. Da lì in poi ho progressivamente smesso di allenare nel calcio dilettantistico per dedicarmi solo alla sabbia: quando entri in questo mondo te ne innamori e non lo lasci più”. Essere di Terracina aiuta: “Le nostre spiagge sono da sempre un punto di riferimento”. I risultati pure: 9 trofei con la squadra della sua città fino al 2015, tra cui il treble – scudetto, Coppa Italia e Supercoppa – nel 2011. Poi la via dell’azzurro. All’inizio da vice di Massimo Agostini – l’ex ‘Condor’ di Milan, Parma e Napoli –, quindi la promozione a ct tre anni fa: “Il salto non è mai facile, ma ho trovato subito dei giocatori forti e disponibili. Sono andato avanti con le mie idee e loro le hanno accolte, costruendo le basi per qualcosa di importante”.

 

Questione di percorso. Nella storia della Nazionale – in origine fu Pedro Pasculli, campione del mondo nell’Argentina di Maradona –, Del Duca è il primo allenatore ad avere un profilo interamente plasmato dalla sabbia: “Non esiste ‘una Coverciano’ del beach”, sottolinea. “Tutto quello che si vede in campo è farina del nostro sacco: applichiamo esercitazioni prese dal calcio o dal futsal e le adattiamo a questo sport. Secondo le sue dimensioni, la sua superficie – con la pioggia cambia veramente tutto: altro che tacchetti a 6 o a 13 –, i tempi di recupero necessari. La tecnica e la tattica sono frutto di anni di lavoro diretto, provato di volta in volta”. Senza ricette: è il fascino del pioniere, dei risultati attraverso la pura esperienza. “Con i miei collaboratori passo interi weekend a ragionare sulle tipologie di allenamento. Chiacchiere, nuove idee, appunti: non ci fermiamo mai”. Mentre lo dice il ct si infervora, con la passione di chi si diverte ancora ogni giorno. Si capisce: cosa c’è di più libero di quella frazione di secondo a mezz’aria, in rovesciata in riva al mare? Alzi la mano chi non ha mai provato. Appunto. Quelle dei ragazzi di Del Duca però possono valere un Mondiale.

 

Foto Figc (Euro Beach soccer League 2019)

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