Giro d'Italia. Le linee di Ewan
L'australiano conquista la quinta tappa del Giro davanti a Nizzolo e Viviani. Ci fosse stato però un premio dedicato a Marco Emilio Lepido, colui che progettò la via Emilia, se lo sarebbero aggiudicati Simon Pellaud e Davide Gabburo. Mikel Landa si è ritirato a causa di una caduta
Caleb Ewan alle linee rette ha sempre preferito quelle curve. Questione di abitudine. La sua è quella di affidarsi al colpo d’occhio, quello che lo porta a scegliere di volta in volta la ruota migliore da seguire e da utilizzare come rampa di lancio per raggiungere il traguardo il più veloce possibile. L’ha fatto spesso in questi anni, l’ha rifatto oggi al termine della quinta tappa del Giro d’Italia. Primo per la quarta volta in carriera nella corsa rosa. Oggi davanti a Giacomo Nizzolo ed Elia Viviani.
All’australiano piace destreggiarsi nella confusione, aggiunge disordine al disordine e in questo ci sguazza, riesce in tutto ciò a imporre la sua regola a tutti. Quella solita: io davanti, voi dietro.
Uno come Caleb Ewan Marco Emilio Lepido l’avrebbe probabilmente detestato. Il console era una persona pratica, di quelle che badano al sodo. Uno che era stato cresciuto per la carriera militare e istruito secondo la regola antica che quando si fa qualcosa bisogna fare attenzione soprattutto alla sua praticità. Tutto ciò gli riusciva particolarmente bene. A tal punto che venne incaricato di trovare la migliore soluzione possibile per la gestione e lo stoccaggio delle merci che arrivavano a Roma. In pochi anni progettò e fece realizzare il nuovo porto fluviale a sud del colle Aventino. La sua soluzione al problema fu talmente apprezzata che si trasformò in una sorta di signor Wolf della logistica della Repubblica romana. Quando c’era da risolvere un problema logistico la prima persona ad essere chiamato era lui.
Fu così che quando i romani, nonostante si fossero assicurati il controllo della pianura padana, si ritrovarono a fare i conti con la riottosa resistenza dei Galli Boi che non ne volevano sapere di arrendersi e minacciavano di riprendersi Placentia, fu mandato Marco Emilio Lepido a risolvere il problema. Per prima cosa il console fondò due città. Il ragionamento era semplice: più il territorio è presidiato dalle istituzioni, più e sicuro. Poi iniziò la costruzione di una strada militare la più rettilinea possibile. Un drittone che univa Placentia alle sue due nuove creature, Modena e Parma, e poi proseguiva sino all’Adriatico, sino a Rimini, città nella quale era dislocata una parte dell’esercito. Così facendo, secondo i calcoli del console, il tempo di spostamento delle truppe si sarebbe dimezzato.
La via Emilia è ancora oggi la via più corta per raggiungere il mare. Certo si è trasformata, ma la sua funzione la fa ancora egregiamente. Ne sanno qualcosa i corridori del Giro d’Italia. Da Modena a Rimini ne hanno seguito il degradare costante verso l’Adriatico. Ci fosse stato un premio dedicato a Marco Emilio Lepido se lo sarebbero aggiudicati Simon Pellaud e Davide Gabburo, i primi a raggiungere la città di Amarcord, i secondi fuggitivi di giornata, coloro che hanno sostituito Filippo Tagliani e Umberto Marengo nella ricerca di gabbare il gruppo. A m'arcord, io mi ricordo, però non è cosa che nemmeno pensato al Giro. Da Rimini infatti i corridori hanno proseguito per Cattolica e lì c’è stato mica spazio per Pellaud e Gabburo.
A m’arcord l’ha detto invece Pavel Sivakov, che a meno di un anno di distanza ha assaggiato di nuovo l’asfalto di un grande giro. Il russo poteva essere il braccio destro di Egan Bernal, l’alternativa di classifica al colombiano. Non sarà così. Sotto lo striscione d’arrivo della quinta tappa ha contato i minuti, quelli che si sono sommati negli ultimi quindici chilometri.
Molto peggio è andata a Mikel Landa. Il basco il traguardo non l’ha nemmeno superato. Ha lasciato il Giro a bordo di un’ambulanza dopo essere caduto a poco meno di cinque chilometri dall’arrivo. Ha centrato un addetto al percorso che stava segnalando la presenza di uno spartitraffico.