Nubi sul Giro, l'Italia scopre di non avere segnale
I telespettatori hanno visto poco o nulla della 16esima tappa della corsa rosa a causa dell'impossibilità di alzarsi dal suolo dell'aereo ponte per la trasmissione del segnale satellitare. I limiti delle nostre reti in un paese nel quale 5 milioni di italiani hanno difficoltà a telefonare
La tappa del Giro d’Italia a Cortina farà storia. Sicuramente dal lato sportivo per l’ennesima affermazione del talento del giovane Bernal che, sul Passo Giau, ha messo tutti in riga dimostrando la propria superiorità in maglia rosa. La scalata alla Cima Coppi di questa edizione ha messo in evidenza anche un altro problema dovuto all’orografia del nostro paese e alle numerose difficoltà che deve affrontare la montagna italiana per avere una copertura decente di telefonia mobile. “Gli sforzi della Rai sono stati grandi, sempre, in questo Giro d’Italia. Ma ieri il segnale tv nella tappa dolomitica è stato fermato dal maltempo. Con elicotteri e aerei ponte che non si sono potuti alzare. Peccato che anche il segnale della telefonia mobile non ci fosse lungo quelle strade. Con un buon 4G o 5G lungo tutto il percorso, garantito da una copertura continua, affidabile e senza buchi, le immagini potevano essere trasmesse dalle moto tramite le reti mobili. Reti che, come sappiamo, in montagna sono ancora troppo carenti nonostante gli importanti sforzi delle compagnie telefoniche”, ha dichiarato a caldo Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem.
Per chi non lo sapesse Uncem è l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, presente in ogni realtà regionale con proprie delegazioni, che da oltre 60 anni raggruppa e rappresenta i comuni interamente e parzialmente montani le comunità montane e le Unioni di comuni montani, per un bacino territoriale pari al 54 per cento di quello nazionale e nel quale risiedono oltre 10 milioni di abitanti. Abitanti che storicamente, da sempre, chiedono attenzione per evitare di essere travolti dal digital divide. “Stanno investendo, le Telco. Ma non solo loro devono agire”, ricorda Bussone. “Sappiamo bene quanto costi installare una BTS, il ripetitore per la telefonia mobile. E dunque, come Uncem ha sempre detto, dove non arrivano le imprese della telefonia, deve arrivare lo Stato. Lo deve fare togliendo ogni ‘buco’ dalla rete, in particolare lungo le strade, comunali, provinciali, statali. Lo deve fare lo Stato investendo bene i 6,3 miliardi di euro nel Piano di Ripresa e Resilienza per le nuove reti, 5G e banda ultralarga. Deve coprire ogni buco. In primis per la sicurezza di chi percorre le strade sulle Alpi e sugli Appennini, per garantire continuità territoriale a tutti quei servizi e sistemi digitali che il 5G renderà possibili e che richiedono efficaci reti ovunque. Anche per il Giro che porta a tutti le immagini del Paese più bello del mondo, con le montagne più belle del mondo. Lo Stato intervenga finalmente – lo deve fare – dove gli operatori non riescono ad arrivare, perché i Comuni con Uncem premono su questo. Il Giro oggi ha mostrato le lacune delle reti. Che nelle gallerie ci sono, ma non sulle strade. Si ponga rimedio. Per ripartire da un Paese più sicuro e connesso”.
Sulle strade che portavano ieri da Sacile a Cortina d’Ampezzo i più attenti tra i telespettatori, infatti, hanno notato questo dettaglio. Tra le poche immagini arrivate in diretta, in un racconto che ha ricordato i tempi delle radiocronache con i distacchi comunicati tramite radioline, ci sono state quelle del gruppo impegnato a recuperare sulla fuga nel bel mezzo di un tunnel stradale. Paradossale, ma non troppo. Se l’aereo ponte per la trasmissione del segnale satellitare non è stato autorizzato a volare per il maltempo, una buona rete telefonica sarebbe riuscita ad assicurare le immagini in condizioni di emergenza. Le capacità potenziali della rete 4G sono già discrete - non mancano negli anni le società che offrono la diretta delle proprie gare su strada in streaming sui social grazie a cameraman che ritrasmettono, tramite la rete mobile, il segnale in diretta, ndr – ma hanno un limite fisico. La presenza e la costanza del segnale. In attesa del 5G, che a sua volta deve affrontare le difficoltà burocratiche di molti (troppi) “sindaci No 5G”, la rete mobile potrebbe aiutare non poco in casi come questi. Il servizio pubblico, inteso quello radiotelevisivo, ha le potenzialità e gli strumenti per farlo, ma quando mancano le antenne tutto diventa impossibile. Come sul Passo Giau. Gli amanti della montagna lo conoscono bene, comprese le difficoltà di avere un buon segnale per telefonare in continuità sulle sue sinuose curve. Figurarsi connettersi. Ecco, questo è il digital divide che vive la montagna italiana, ma non solo. 5 milioni di italiani hanno difficoltà a telefonare, perché abitano o ‘entrano’ in zone senza copertura, secondo l’ultima ricerca fatta a fine 2019. A questi si sommano 6 milioni di italiani che invece hanno difficoltà a vedere i canali Rai e tutto il bouquet televisivo. Un’emergenza che riguarda la montagna, ma anche realtà di pianura e collina.
Insomma, il Giro d’Italia, in un giorno di maltempo, ha mostrato a tutti e in mondovisione le criticità delle nostre infrastrutture di telecomunicazioni con la speranza che la problematica non sia solo un’occasione per polemizzare ma per ripensare a una migliore connettività per tutti. Non è un vezzo, è una questione in primo luogo di pubblica sicurezza, come sanno bene i francesi che – anni fa – hanno predisposto un piano proprio per coprire queste aree (chiamate “zone blanche”) dove non era conveniente portare la copertura telefonica per gli operatori privati. Esiste, da allora, una rete pubblica (F-Contact) a cui si possono agganciare tutti, clienti francesi e stranieri in roaming, per chiamare e navigare dove non sarebbe stato possibile. Magari ieri, se non tutta la tappa, avremmo avuto la possibilità di vedere un breve spezzone dell’attacco della maglia rosa. Perché il Giro e la comunicazione vivono anche e soprattutto di immagini.