Un Giro d'Italia dantesco
D’un giro e d'un girare e d'una sete è il verso 35 del canto VIII del Paradiso. Terzine di endecasillabi per raccontare le prime due settimane (abbondanti) della corsa rosa.
Il Giro d'Italia aspetta le ultime montagne. Sedici tappe sono state corse, ne mancano cinque per decidere la classifica generale al momento guidata dal colombiano Egan Bernal.
D’un giro e d'un girare e d'una sete è il verso 35 del canto VIII del Paradiso. Prendendo a titolo questo verso, e pieno della più sciocca hybris, mi sono cimentato a commentare in terzine dantesche gli accadimenti del centoquattresimo Giro d’Italia. Non so se Manubria, la musa della supercazzole ciclocomiche, mi assisterà tutti i giorni.
8 maggio, Torino-Torino (cronometro), I tappa
E che il Ghibellin fuggiasco non mi maledica. Dove si parla della partenza dal Torino e di Ganna che vince la cronometro come bere un bicchier d’acqua.
Di dove il Grande Fiume l’acqua mesce
col Sangone, e di Lanzo la Stura,
partiron i girini come un pesce
versicolor che sfugge alla cattura.
In caccia contro il tempo e a uno a uno,
i centottantaquattro lor natura
gregaria o capitana ognuno
ha tosto rivelato al ciclomondo
l’otto di maggio duemilaventuno.
Vestì di rosa fin dal primo affondo
colui che bevve il tempo in un bicchiere
d’un fiato e fin all’ultimo secondo.
9 maggio, Stupinigi-Novara, II tappa. Dove si fa l’elogio di chi va in fuga per il gusto di andarci, anche se sa che verrà ripreso dal gruppo.
Sì come a uccel di bosco quand’è in gabbia,
pur fornito di miglio o grano o riso
già non piace vivanda ch’egli abbia
ché destino in franchezza l'ha sì miso,
così al fuggitivo naturale
in mezzo al gruppo pedalare è inviso
e morde il freno e smania e sente il male
di vivere una corsa stretta e chiusa
e sogna notte e dì di metter l’ale.
A la triade fuoriuscita Medusa
oggi impietrò le ardimentose piume
siccome ineluttabil legge usa.
10 maggio, Biella-Canale, e 11 maggio, Piacenza-Sestola, III e IV tappa
Dove, dopo la vittoria di Taco Van der Horn a Canale, si racconta dell’impresa di Alessandro De Marchi che indossa la maglia rosa a Sestola, mentre la tappa la vince Joe Dombrowski.
Poi che di Corno il Taco da le braccia
fiere vinse a Canal, lepre non còlta,
pioggia maledetta, greve e diaccia
Apenin riversò a gran raccolta
su la schiera che mosse da Piacenza
per le plaghe di colei che sconvolta
fe’ l’imperïal persona tra Enza
e Secchia, nuda e scalza nella neve,
negando del suo manïer capienza.
Dai balzi di Canossa corsa lieve
e presta fecer due baldi levrieri:
Dombrowski american gloria riceve;
L’altro, rosso signor de’ masnadieri,
rosa del primato il vessillo indossa
che mai credea lui stesso fino a ieri.
13 maggio, Grotte di Frasassi-Ascoli Piceno (San Giacomo), e 14 maggio, Notaresco-Termoli, VI e VII tappa
Dove si racconta della vittoria di Gino Mader sopra Ascoli e della nuova maglia rosa dell’ungherese Attila Valter e, il giorno dopo, della vittoria allo sprint di Caleb Ewan a Termoli
Ne la città del Cecco che a me guerra
e a l’opera mia portò, al Rosso
bujese un fatale colpo sferra
la sorte, e il rosa toglie di dosso.
Così al vento ne le foglie levi
di là del sasso da la soglia smosso
e tra le acque che furon già nevi
che al lago di Pilato dissigilla
il sole, per verbi tronchi e brevi
si perdea la sentenza di Sibilla.
Gino novello dal Canton di Vado
vince e sua elvezietà distilla.
Attila abbiglia il roseo zendado,
numero unno, colui che comanda:
per quanti giorni ancor si tiri il dado.
Tra Biferno e Sinarca quella landa
che il minor corno de la fiamma antica
fondava delle Tremiti a ghirlanda
vide il trionfo de l’austral formica
che già in Romagna fu signor e duca
facendo poi dei suoi rival gran bica.
20 maggio, Siena-Bagno di Romagna, XII tappa
Dove si racconta della vittoria di Andrea Vendrame.
Liberamente nel Campo di Siena
mosse il palio de le cento birote
e più, che ampio giro e molta pena
oggi ci condusse per aspre quote
tra Clante, Fiorenza, Sesto e Morello
monte, quindi la Sieve e le sue trote
che corron giù guizzando di Mugello,
prima di risalire ancora la Consuma,
poi Calla e quel che nome ha di macello,
e alfin uscendo di tra pioggia e bruma
giunger volando in terra di Romagna,
dove l’aria tosca ancor profuma.
Vendrame trevisan vittoria stagna
carpì ratto al cristoforo canguro,
vani tutti gli altri alle calcagna.
Domani attenderovvi a quel muro
dove riposano le ossa mie:
Un caffè a tutti e tre: ve ‘l giuro.
22 maggio, Cittadella-Monte Zoncolan, XIV tappa
Dove si racconta della scalata allo Zoncolan, della vittoria di Lorenzo Fortunato e del giorno in cui Vincenzo Nibali scoprì di non essere più Vincenzo Nibali.
Zoncolan ha nome una montagna
che par di Purgatorio la salita.
Nel mezzo delle valli de la Ciargna
s’alza come colonna di stilita,
come dito levato ad ammonire
chi si appresta a giocare la partita.
Undici cacciator ebber l’ardire
di partir di lontano lancia in resta
per porre la Forcella nelle mire
e anticipar la decisiva cresta
che involta stava ne la nebbia spessa.
Di tra la caligo iniziò la festa
e quattro si staccaron dalla ressa:
Covi, Bennet, Tratnik e quel di Eolo
che ai meno tre allungò di rimessa.
Ben bravo e Fortunato fu chi solo
tagliò primo l’arrivo zoncolano.
Alle spalle dei capitan lo stuolo
governò franco il rosa colombiano.
Passaron dodici minuti giri
poi vedemmo Vincenzo di lontano.
24 maggio, Sacile-Cortina d’Ampezzo, XVI tappa
Dove si racconta della tappa accorciata dal maltempo, del maltempo delle parole e di un piccolo dio inca in maglia rosa.
“Pape Egan, Pape Egan aleppe!”
esclama il Panca con la voce chioccia,
mentre di supposizïon son zeppe
le ciance e le ciarle tra palco e doccia
se si fosse dovuta fare corsa
tutta o la metà, magra oppur grassoccia
e tutti di buon senso han pien la borsa
benché non si capisca un accidente,
come quei che la notte guarda l’orsa
e confonde Maggior con la cadente
sì che perde la rotta e il buonumore.
Ma intanto non ci vuol chiaroveggente
a indovinar ormai di qual colore
tra sei dì vestirà in piazza Duomo
l’inca Bernal del sol adoratore.