Quell'amore infinito per Roberto Baggio
La passione per il numero 10 non è legata solo alle vittorie, ai colpi di classe, ai gol, ai dribbling. C'è di più. Da oggi pure un film su Netflix: Il Divin Codino
“Non per quello che ha vinto, ma il resto, per quello che ha fatto vedere”. Era il 2010 quando Alfredo Di Stefano, uno dei più forti e vincenti giocatori della storia del calcio, disse questo alla rivista calcistica spagnola Don Balón. Il soggetto era Roberto Baggio. L’ex attaccante del Real Madrid lo inserì tra i migliori calciatori “che ho visto giocare. Ci sono stati giocatori straordinari che possono essere sovrapponibili, perché capaci di fare cose meravigliose ma nel modo genericamente fantastico dei grandi. E poi ci sono calciatori che sono unici. Tra questi Baggio”. Poi continuò: “Non ha vinto molto? Il calcio è strano, a volte non è galantuomo, a volte invece non si è capaci di trascinare un gruppo intero. Questo però non cambia nulla sul valore del Codino”.
Esistono due punti di vista nel giudicare un calciatore, uno di quelli che rientrano nella cerchia ristretta dei cosiddetti “grandi”. C’è chi guarda solo al campo, alla “rappresentazione estetica del trattamento del pallone”, a dirla con parole di Carmelo Bene, e chi invece non può non tenere in considerazione il palmares, il numero di medaglie e trofei conquistati. Perché, dicono questi ultimi, campione è chi da campione vince. “Ogni giudizio su un calciatore dovrebbe tenere in considerazione l’apporto che questo ha dato alle vittorie di una squadra. E quante vittorie è riuscito a conquistare. Esistono grandi campioni vincenti, non grandi campioni perdenti”, disse Helenio Herrera, l’allenatore della Grande Inter degli anni Sessanta.
Difficile trovare una soluzione a questa diatriba. È qualcosa di ideologico, di identitario. Convincere i secondi della bontà delle ragioni dei primi, o viceversa, è impresa ardua, se non impossibile.
Due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa sono il bottino di squadra che ha conquistato Roberto Baggio in campo. Pochi forse rispetto ad altri giocatori. Ma pochi sono anche nove anni in squadre che potevano vincere grandi competizioni. Poi ci sono un Pallone d’Oro e un Fifa World Player, oltre a una decina di altri premi personali.
Eppure tutti questi ragionamenti sfiorano soltanto chi ha visto giocare Roberto Baggio. Come se nulla di questo contasse. Non hanno avuto peso le occasioni mancate del Divin Codino, quel rigore in finale ai Mondiali di Usa 1994, la partita solo normale contro l’Argentina in semifinale a Italia 90, gli errori nella finale di Coppa Uefa del 1995 che la Juve perse contro il Parma. Nulla più di un incidente di percorso.
Per tutti i baggisti valgono soltanto le parole pronunciate da Alfredo Di Stefano: “Non per quello che ha vinto, ma il resto, per quello che ha fatto vedere”. E in campo Roberto Baggio di grandi giocate ne ha fatte vedere parecchie.
Eppure la passione per il Codino non è legata nemmeno ai colpi di classe, ai gol, ai dribbling. È qualcosa legata al suo essere considerato ancora un magnifico Calimero tra i grandi del calcio.
“Roberto Baggio ha dovuto sempre tribolare per far valere la sua classe. Prima gli infortuni, poi le incomprensioni con tanti allenatori hanno più volte messo a repentaglio la sua carriera, ma lui ogni volta ha trovato la determinazione per rialzarsi e andare avanti. Non è un caso che oggi, dopo che da oltre 15 anni ha smesso di giocare, le sue imprese calcistiche vengano continuamente rievocate e la sua figura abbia acquistato l’identità di un’icona nella quale i giovani possono identificarsi nell’affrontare il cammino della vita”, ha spiegato al Giornale di Vicenza l’attore Andrea Pennacchi, che nel film trasmesso da oggi su Netflix interpreta il padre del numero 10.
Anche per questo, o soprattutto per questo, è stato girato un film su di lui. Roberto Baggio è riuscito a legare a sé un popolo calcistico che andava oltre a quello delle squadre per cui ha giocato. Lo sottolineò l’attore Angelo Bernabucci: “Sono della Roma, romanista convintissimo, ma Baggio…beh a Baggio gli volevo bene pure quando giocava per la Juve”. Lo evidenziò pure Diego Abatantuono, tifosissimo del Milan, quando annunciarono l’ingaggio del Codino da parte dell’Inter: “Mi piaceva ai tempi della Juve, ero strafelice quando arrivò da noi, ora che se ne va all’Inter certo mi dispiace. Fortunatamente Baggio va oltre alla maglia che indossa”.