Lo sport che verrà
Malagò: "Le Olimpiadi di Tokyo si faranno e l'Italia sarà protagonista"
I Giochi imminenti, i programmi per il futuro. “Lo sport è in grandissima sofferenza”. Parla il presidente del Coni
Non ha molti dubbi il presidente del Coni Giovanni Malagò, le Olimpiadi si faranno. Del resto, i prossimi mesi saranno densi di appuntamenti per lo sport italiano, e allora non potevamo che partire dai giochi di Tokyo in programma dal 23 luglio all'8 agosto, ma rinviati un anno fa a causa della pandemia. Un rischio che secondo alcuni esiste ancora: “Sembra un disco rotto - risponde Malagò, intervistato in apertura dell’evento ‘Lo sport che verrà’, organizzato dal Foglio. Ci sono tre soggetti, il governo giapponese, il comitato organizzatore e il Cio, che sono gli unici autorizzati a parlare. E tutti continuano a ripetere all'infinito che la situazione, nella sua complessità, è assolutamente chiara. E' normale che in un paese come il Giappone, con oltre 100 milioni di abitanti, ci siano opinioni diverse. Da noi non sarebbe diverso”.
E allora meglio farsi trovare pronti, se è vero che l'Italia vuole giocare un ruolo da protagonista. Come si presentano le nazionali, come vede i nostri atleti il numero uno dello sport? “Siamo arrivati a 287 qualificati, e altri stanno partecipando ai tornei per essere ammessi. Siamo sinceri: non siamo molto ottimisti, ma in linea con la realtà. Tutto è soggetto a variabili che non erano mai state prese in considerazione”. Quelle di Tokyo, dopotutto, rischiano di essere le prime Olimpiadi senza pubblico, o comunque con un numero ridotto di spettatori: ad oggi i turisti stranieri non potranno assistere alla manifestazione, aperta solo agli appassionati locali. C'è chi soffre questa situazione e chi se ne avvantaggia, senza contare che non tutti gli atleti hanno potuto allenarsi allo stesso modo. Insomma cosa possiamo attenderci? “Penso che faremo bene. Ne vedremo delle belle – è la risposta ottimista di Malagò, che non vuole accontentarsi – Faremo meglio delle scorse Olimpiadi”. Quelle di Rio de Janeiro, nel 2016 in Brasile, quando l'Italia è tonata a casa con 8 medaglie d'oro, 12 d'argento e 8 bronzi.
Ma facciamo un passo indietro, alle vicende di casa nostra. Lo scorso 13 maggio Malagò è stato rieletto, per la terza volta, alla guida del Coni, un ruolo che ricopre da oltre 8 anni. All'orizzonte, forse la sfida più difficile, rilanciare il settore dopo la crisi di questi mesi. Dopo aver puntato sulle donne - la nuova giunta è la più femminile di sempre - quali sono gli obiettivi del nuovo corso? “Per prima cosa dobbiamo consolidare gli aspetti attuativi della cosiddetta Legge riforma dello sport, c'è una lista di aspetti tecnici molto complessa e va affrontata”, dice il presidente, che non nega le difficoltà di questa fase storica: “bisogna tener conto della realtà dello sport, che è in grandissima sofferenza. Dobbiamo unire le forze, cercando di aggregare per evitare dispersioni di costi, puntando il più possibile sulle sinergie. Il programma è mostruoso ma abbiamo le idee chiare”. E poi ci sono i tornei e le competizioni. “Tra poco partono i giochi di Tokyo, ma tra 9 mesi saremo a Pechino per le Olimpiadi invernali che saranno ancora più complesse da organizzare, visto che in Cina non è potuto andarci ancora nessuno. Nè l'Italia né gli altri paesi. Dopodiché c'è una lunga volata che ci deve accompagnare fino a Milano-Cortina 2026, in cui saremo protagonisti, passando per il giochi di Parigi 2024”.
Fin qui, il presente e il futuro prossimo. L'ultima domanda è invece per gli atleti di domani, per i bambini che più di tutti hanno sofferto la pandemia, spesso costretti in casa e lontani dai campi d'allenamento. Come riavvicinarli allo sport? Anche in questo caso Malagò non ha incertezze: “Tutto il sistema è tenuto in piedi dall'associazionismo, per cui la ricetta è semplice: sbrigarsi a fare quanto c'è scritto nel Pnrr, che prevede di risolvere il problema di palestre e impianti scolastici. Se partiamo dall'idea che si può fare sport nelle scuole e nel pomeriggio integrare le attività delle società dilettantistiche - conclude - recuperiamo il gap che abbiamo nei confronti degli altri paesi, in particolare quelli anglosassoni”.