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Festeggiare a Venezia, la Serie A tra acqua e fuochi
La promozione in Laguna in due minuti. Viaggio nella notte veneziana che ha celebrato il ritorno nel massimo campionato
Tuffi in Canal Grande, fuochi d’artificio artigianali in Piazza San Marco, cortei di bandiere per le calli. Sono immagini storiche, che per il calcio mancavano da vent’anni: goodbye tourists – o almeno quei pochi, in tempi di pandemia –, per una notte la città è dei tifosi. Venezia torna in Serie A al fotofinish grazie al gol di Riccardo Bocalon, veneziano doc. E festeggia a modo suo.
Un’onda partita al triplice fischio dallo stadio di Sant’Elena, dove tutti, dal presidente ai giocatori, finiscono in acqua. Quindi si propaga per il centro storico, riprendendo da dove aveva iniziato nel pomeriggio: in via Garibaldi si rispolverano le magliette d’epoca – Recoba, Maniero, Bettarini –, in ogni sestiere c’è chi accompagna dai balconi con cartelli e bandiere di San Marco. Poi una brutta partita, che rischia di dissipare una grande stagione. Gli spettri del lungo digiuno – tre fallimenti, la Serie D, quattro società diverse – bussano prepotenti. Paura e delirio: “È un riscatto incredibile per la nostra città”, sorridono i tifosi alla fine, dalla loro piazza simbolo. “Sono stati anni di grande sofferenza, ben oltre il calcio, e non ce lo dimentichiamo”. Acqua granda, crisi economica, crollo demografico. “Speriamo che questa sia l’occasione per avvicinare i veneziani attraverso lo sport e farci sentire più uniti”.
È ormai notte fonda, il coprifuoco passato da un pezzo. Una piccola folla insiste – Venezia non è Milano – sotto al campanile. “Adesso tutti a fare il bagno”, l’appello fuori dal coro. In quel momento boom, uno spettacolo pirotecnico degno della festa del Redentore. Meno sfarzoso, ovviamente, ma ancora più speciale, forse. Il gran finale. Le forze dell’ordine cominciano ad accompagnare tutti a casa. Sul ponte di Rialto svetta uno stendardo a lettera singola: “A”. Venezia questa notte non ha dormito. Deve ancora svegliarsi.