Il Foglio sportivo - storie di storie
Com'è poetico lo sport
Quant'è stato difficile convincere i lettori di quanto lo sport e la letteratura fossero vicini?
Oggi dialogano due libri lontani sedici anni l’uno dall’altro, eppure vicini nell’intento di convincere i propri lettori di quanto lo sport e la letteratura abbiano da dirsi, di come la letteratura sportiva possa essere un genere dalla splendida dignità e di come il gesto atletico possa diventare (tutt’altro che metaforicamente) poesia.
Quindici anni fa parlare di letteratura sportiva era più complicato, per cui come premio al coraggio e per dovere di “anzianità” editoriale, partiamo da Folco Portinari, Il portiere caduto alla difesa. Il calcio e il ciclismo nella letteratura italiana del Novecento (Manni, 2005). L’operazione ardita Folco Portinari la dichiara nella sua introduzione: “Questo libro, insomma, vuole essere l’esemplare dimostrazione di un paradosso (o è il libro stesso un paradosso), l’inconciliabilità di due fenomeni: lo sport e la letteratura”. Portinari spiega che se qualcuno volesse far riferimento a Omero e Pindaro dovrebbe fare i conti con una realtà, quella dello sport, oggi clamorosamente diversa: “Tra quella nozione di sport, cioè di gioco, liturgicamente religiosa e apotropaica, e quella d’uso comune oggi non c’è alcun rapporto né contiguità. Omero e Pindaro non c’entrano più”. Non esiste più quello sport, sostiene Portinari, perché lo sport oggi è un mestiere lucroso a tempo pieno, così prima di far scendere in campo una squadra di letterati d’eccellenza con alcune delle loro pagine più straordinarie, si toglie un ultimo sfizio: “Esiste una razza assai più pericolosa di quella degli sportivi che fanno i letterati (sodalizio fortunatamente ridotto): sono i letterati che fanno gli sportivi”. Poi arrivano pagine di prosa e poesia di Giovanni Arpino, Giorgio Bàrberi Squarotti, Gianni Brera, Achille Campanile, Primo Levi, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba e tanti altri.
“Trepido seguo il vostro gioco” scriveva Saba della Triestina, in una delle sue famose Cinque poesie per il gioco del calcio ed è proprio tutto dedicato alla poesia il secondo libro, a cura di Stefano Savella, Lo stadio universale. Lo sport nella poesia contemporanea (Stilo Editrice, 2021).
Si allarga il campo di gioco, diventa il mondo. Stefano Savella sceglie campioni in un range che va da Walt Whitman a Rudyard Kipling e Bertolt Brecht con piccola, ma agguerrita, componente femminile dove troviamo Concha Mendez, Gilka Machado, Magdalena Martín e Barbara Lamblin. Nessuna poetessa italiana, purtroppo, ma in una delle quattro sezioni (Preludi, Spiriti Olimpici, Poeti italiani e Il calcio nel mondo) un’altra bella sorpresa: se il capitolo Spiriti Olimpici è introdotto dall’Ode allo Sport di Pierre de Coubertin, in chiusura si legge la poesia di un’altra donna, la greco-americana Alexi Pappas con la sua Prima, Olimpiadi 2016. Un’ode al coraggio che serve per affrontare ciò che lei chiama that thing: “quella cosa” è la gara dei 10.000 metri a cui Alexi Pappas ha partecipato ai Giochi di Rio. Già, un’atleta-poeta (chissà che cosa ne avrebbe scritto Folco Portinari) che racconta, in versi, quell’attesa prima della competizione e quell’istante preciso in cui le energie della mente esplodono in movimenti del corpo. Poesia che vogliamo dedicare a tutti coloro che, fra poco meno di cinquanta giorni, vedranno a Tokyo accendersi la fiamma olimpica, attesa per cinque lunghissimi anni.
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