Il Foglio sportivo
L'isola del baseball era italiana
Così 50 anni fa a Ustica si sono innamorati di mazze e guantoni
Per la prima settimana di giugno 1971, nella pensione che gestisce a Ustica, Vito Ailara ha una prenotazione a nome Bruno Beneck. Sono passati dieci anni da quando nell’isola siciliana è stato abolito il confino di polizia e il turismo grazie a un mare splendido sta pian piano crescendo. Dopo essere stato un ufficiale durante la Seconda Guerra mondiale, Beneck è diventato partigiano facendo da collegamento tra l’esercito regolare americano e il Comitato di Liberazione Nazionale. È allora che scopre il baseball, vedendo i soldati che si divertono a lanciarsi la palla con la mano destra, proteggendosi con un guanto la sinistra. Più tardi diventa giornalista e regista per la Domenica Sportiva e viene eletto Presidente della Federazione italiana di baseball. L’albergatore Ailara è un appassionato di sport, coinvolto in quei giorni nell’organizzazione di una delle prime edizioni dei Giochi della Gioventù. Tra i due c’è subito empatia.
Mentre si gode il mare insieme alla moglie, Beneck nota che i ragazzini dell’isola si divertono con dei giochi che hanno regole non così distanti da quelle dello sport americano di cui è un pioniere in Italia. Allora prende carta e penna e dà al nuovo amico una lezione di baseball.
È in quelle ore, il 5 giugno 1971, che nasce l’Ustica Baseball Club. Ma Vito ancora non lo sa.
“Qui ad Ustica non era mai esistito l’agonismo – racconta oggi l’ottantaquattrenne Ailara al Foglio Sportivo – si giocava un po’ a bocce, a calcio per strada e a pallavolo a livello scolastico. Io non avevo mai sentito parlare di baseball. A Bruno, che era una mente creativa e un visionario, diedi l’ok per la fondazione di una squadra. Lo feci soprattutto come un gesto di cortesia. Pensavo che una volta tornato a casa, si sarebbe dimenticato di noi e del suo progetto. Invece un paio di settimane più tardi al recapito dell’albergo mi vidi arrivare una sacca colma di palline, guantoni e mazze di legno. Poco dopo Beneck mandò in isola anche un tecnico”. È Gianni Sbarra, vincitore con la Lazio del campionato italiano nel 1949 e in quel momento già scenografo per il cinema con i fratelli Taviani. Nel mese di luglio del 1971 Sbarra è bravo a convincere i ragazzi del posto ad allontanarsi per qualche ora dalle spiagge e a insegnare loro i primi rudimenti di questo sport. Il maestro sta preparando anche un manuale sul baseball, con testo e disegni fatti a mano, che uscirà di lì a breve. Nel 1993 vincerà il David di Donatello come miglior scenografo con il film “Fiorile” di Paolo e Vittorio Taviani.
Nel 1972 la squadretta di ragazzini che Ailara ha messo in piedi viene invitata ad Agrigento a un torneo di cui a Ustica si ricorda ancora il nome, “Mandorlo in fiore”. Inaspettatamente la formazione vince e al ritorno a casa, poco più di mille abitanti oggi come allora, si crea un entusiasmo contagioso attorno allo sport e al club. Il baseball fa ormai parte della vita nell’isola. Tutti sono coinvolti in questa esperienza. Sono centinaia gli atleti che giocano, gli altri vanno al campo a seguire la squadra. Un negozio del centro si attrezza per comunicare in diretta il risultato delle gare quando la formazione gioca in trasferta, segnando su una lavagnetta i parziali comunicati per telefono da qualcuno che sta seguendo sul posto la partita. Iniziano i viaggi negli Stati Uniti e a Cuba, in Italia intanto si susseguono le promozioni di categoria.
Nel 1985 nasce l’Ustica Softball Club, squadra femminile di uno sport non tanto dissimile dal baseball. Un anno dopo l’isola diventa la prima riserva marina d’Italia e questa è anche la svolta per il turismo. Nel 1980 invece era successa una cosa terribile. Il 27 giugno un misterioso incidente aereo, sopra il braccio del mar Tirreno tra Ponza e Ustica, ha causato 81 vittime. Per il quarantennale della strage Michele Spiezia ha scritto sul suo blog Storiesport.it: “Un’isola che esiste da millenni e che da quarant’anni invece ha solo un’etichetta appiccicata addosso, confinata in otto chilometri quadrati di macchia mediterranea e grotte naturali a 67 chilometri da Palermo. Come se Ustica e i mille e trecento usticensi avessero loro sganciato quei missili in un cielo di stelle popolato invece da caccia francesi, americani, italiani e da mig libici in uno scenario di guerra nell’estate del 1980. Ustica, purtroppo sempre e solo l’isola della strage e non quella del diamante splendente, quello dove si gioca a baseball e softball”.
Il Softball femminile cresce più rapidamente rispetto al baseball, arrivando addirittura in serie A1. Sempre negli anni Novanta i maschi si fermano a un passo dalla finale playoff per la conquista della massima serie. Carmelo Maglio proprio nel 1998 viene eletto miglior battitore della A2.
“Abbiamo fatto molti sacrifici – ricorda Ailara – tanto volontariato con l’aggiunta di contributi della Regione Sicilia. Per noi andare in trasferta è sempre stato un affare complicato: il viaggio e poi il pernottamento, almeno una notte, due quando si andava a giocare al nord”.
Le difficoltà diventano insuperabili a inizio del nuovo millennio. Nel 2000 l’Ustica BC non riesce a iscriversi al campionato di serie A2, cinque anni dopo il presidente dell’Ustica Softball Francesco Lauricella ufficializza il ritiro dal campionato di A2.
A raccontare quest’avventura straordinaria ci hanno pensato due registi del posto, Stefano e Mathia Coco, anche loro coinvolti nell’esperienza del baseball. Entrambi infatti hanno militato nella squadra. Si intitola “Gli anni del diamante” il bel documentario del 2017,
Nel 1990 due ragazze del softball vengono convocate in Nazionale juniors, tre anni dopo Clelia Ailara e Cinzia Agnello sono chiamate nella Nazionale maggiore. Clelia è la figlia di Vito, già da piccola gioca con i due fratelli più grandi, uno lanciatore e l’altro ricevitore della squadra locale. Con la maglia azzurra diventa campionessa d’Europa di softball per partecipare poi alle Olimpiadi del 2000.
“Siamo tutti fieri – continua Ailara – di quello che abbiamo fatto in 35 anni di attività, abbiamo raggiunto quello che sportivamente si può raggiungere. Mia figlia Clelia catcher titolare alle Olimpiadi di Sydney. L’arbitro Francesco Vassallo è diventato internazionale, altri suoi colleghi usticensi sono arrivati in serie A. Solo la conclusione di questa bella storia è stata dolorosa, una pagina brutta della mia vita, ma capisco ovviamente le difficoltà oggettive che c’erano e ci sono”. Ailara dalla sua isola, mentre continua a gestire con i figli la struttura in centro diventata nel frattempo un albergo, segue il baseball con un pizzico di nostalgia. “Non mi sembra che a livello nazionale la situazione sia molto buona. Speravo che il movimento si sviluppasse di più, invece ho l’impressione che sia peggiorato rispetto a venti anni fa. Al sud ci sono poche squadre, eppure qui visto il clima si potrebbe giocare 12 mesi all’anno. Il softball avrebbe meno esigenze di spazio e illuminazione, ma anch’esso non è in una fase di crescita. In Italia sono rimaste le solite società a dominare la scena”.
Il baseball e il softball mancano da Ustica ormai da anni, l’eredità lasciata da quell’ esperienza si chiama Manuel Maglio, lanciatore classe 2002 che ha già esordito nella massima serie ed è nel giro delle Nazionali giovanili. Manuel è nato a Catania, ma è figlio del baseball di Ustica. Il papà Carmelo è stato uno dei protagonisti della splendida cavalcata della squadra, arrivata negli anni Novanta a un passo dalla promozione in A1. Qui ha conosciuto Stefania Lazzaro che sarebbe diventata sua moglie, che ad Ustica si trovava in trasferta con la sua formazione di softball e poi qui si è fermata per amore. Dopo qualche anno di vita e baseball a Ustica, i due si trasferiscono per motivi di lavoro a Catania. Fino a un paio di anni fa entrambi continuavano a giocare nelle categorie inferiori. “A Ustica andavo sempre d’estate a fare le vacanze – dice Manuel Maglio al Foglio Sportivo – e i miei genitori mi raccontano sempre degli anni del diamante. Io mi alleno tutti i giorni dopo la scuola, mi piacerebbe superare quello che hanno fatto mamma e papà in carriera e giocare un giorno negli Stati Uniti”.