Calcio e razzismo
Il "complesso Benzema"
La Francia divisa sul calciatore diorigini algerine? Anche no, ma il tema esiste
Euro2020 visti attraverso la chiave di razzismo e anti razzismo: dal caso del bomber del Real che per la destra sovranista è il simbolo del rifiuto di integrarsi al ginocchio piegato della nazionale francese
Alla vigilia del debutto, ieri sera, a Euro2020 contro la Germania, l’unico vero “complesso Benzema” a turbare i Blues era in realtà il “problema Giroud”, nel senso del franco-francese e bianco-bianchissimo centravanti del Chelsea timoroso di perdere il posto a causa del rientro, dopo un ostracismo durato cinque anni, del bomber del Real Madrid Karim Benzema, indiscutibilmente più forte. Giroud ha tentato di buttarla sul razzismo al contrario, e ha accusato il campione simbolo della squadra, il banlieusard di origini camerunesi e algerine Kylian Mbappé, francese di nuova generazione felice e integrato, di non passargli la palla: una polemica di spogliatoio che i media hanno subito letto in chiave razzista. Ieri si è poi aggiunta la decisione dei giocatori francesi di piegare il ginocchio prima della partita, nel gesto contro il razzismo, che ha prodotto l’irritazione pavloviana di politici come Jordan Bardella del Rassemblement national. Ma ci arriviamo dopo. Prima c’è da capire il senso, se mai lo abbia, di quello che in Francia qualcuno chiama il “complesso Benzema”.
Riassunto. Il giocatore di origini algerine (il fatto che in passato abbia detto di sentirsi più algerino che francese è, a tutt’oggi, la cosa più grave che abbia fatto o detto “contro” la Francia) fu escluso dagli Europei del 2016 e dai successivi Mondiali non per una questione di razzismo, ma per una questione di onestà-tà-tà: cioè di moralismo giustizialista. Benzema andrà a processo in ottobre con l’accusa di “tentato ricatto” ai danni del giocatore Mathieu Valbuena, perché avrebbe consigliato l’ex compagno di nazionale di pagare una banda di malviventi per un ricatto legato a un video hard. “Tentato ricatto”, va da sé, vale più o meno un “concorso esterno” di casa nostra: poco. Però per la Francia, il ct Didier Dechamps (lo stesso che oggi lo ha riabilitato) e l’allora premier Manuel Valls bastava per escludere il (presunto) colpevole. Fu allora che Benzema fece la mossa sbagliata, e accusò Dechamps di averlo escluso per motivi razziali, in quanto algerino. Ed è vero che la retorica della “black-blanc-beur France” (quella che vinse nel 1998) nel 2016 era assai appannata, ma in quella squadra giocavano Pogba, Matuidi, Evra e Sissoko. Oggi ai francesi, compresa Marine Le Pen, che si è tenuta prudente, importa solo che il bomber ritrovato faccia gol. Ma da allora Benzema è diventato, malgré lui, il simbolo di un problema indentitario. Di un problema francese. Di un problema di razzismo che in Francia è oggi innanzitutto un problema di fallita integrazione. Marine Le Pen si è limitata a dire “spero che il suo comportamento futuro corrisponda ai valori dello sport”. Il polemista della destra identitaria-raffinata Eric Zemmour ha premesso con cautela “non sto discutendo del suo talento intrinseco”, prima di infilzare: “Questo ragazzo, che è franco-algerino, si ritiene algerino. E’ detto tutto”. Segno forse che la politica sta provando a maneggiare con maggior cura questi problemi. Che però nella società restano. Alexandre Devecchio del Figaro, intellò molto di destra, ha scritto che il ritorno di Benzema non può essere inteso come un fatto soltanto sportivo. Ha citato un saggio di Fatiha Boudjahlat, studiosa dei problemi dell’integrazione, che si intitola “Les Nostalgériades”, dedicato al disagio identitario dei giovani di origine algerina. “Un disagio che lei giustamente chiama ‘complesso Benzema’”. Promosso così, da grande centravanti, a eroe eponimo, anche se probabilmente involontario, di un dilemma che dilania la società francese (e non soltanto quella).
Intervistato da Liberation, lo scrittore ed esperto di calcio Thibaud Leplat ha invece celebrato il ritorno di Benzema come una “ricompensa” che rimette i Bleus dove devono stare: “al centro di una missione politica che li sorpassa”. Il “complesso Benzema” dunque esiste, ma sembra riguardare più che altro alcune frange della destra dentro a un sistema sociale e culturale complicato, che anche la politica sa di dover prendere con le molle.
E si può tornare al ginocchio a terra di Mbappé e compagni. Il vero punto di scandalo razziale di Euro 2020 non è certo Benzema: è questo gesto, di fatto “imposto” ai colleghi europei dai giocatori inglesi e che è un portato, estremamente politicizzato, della società americana. I giocatori della Croazia non si sono inginocchiati assieme agli inglesi prima della partita, ma non vuol dire ovviamente che siano tutti razzisti (sui tifosi russi che hanno fischiato i giocatori del Belgio, si può mantenere il beneficio del dubbio). Sono forse soltanto atteggiamenti che segnalano una estraneità verso quel gesto, così connotato politicamente e a sinistra: volerlo trasformare in un simbolo universale dello sport può non essere la soluzione migliore. Ma è vero che per giocatori come Sterling, come Rushford, come Mbappé, come Lukaku, nessun palcoscenico come Euro2020 è altrettanto favorevole per diffondere la loro consapevolezza, perché il calcio è “un riassunto, o un concentrato, del mondo”, come dice Robert Redeker. E ridurlo a Benzema non è possibile.