Tour de France, vince van der Poel. Nel nome del nonno
L'olandese era arrivato a Brest per il via della Grande con l’idea fissa di fare patta anni dopo con la storia. Voleva vincere e vestire quella maglia gialla che suo nonno, Raymond Poulidor, non era riuscito mai a indossare. L'ha fatto. Poi la commozione c'ha ricordato che in fondo è solo un uomo anche lui
A ricordare a tutti che in fondo è solo un uomo è stata la commozione. La voce che non era la solita, gli occhi di chi cercava di trattenere all’interno l’implodere dei sentimenti. Una faticaccia, molto più intensa di quella che aveva imposto ai suoi muscoli e ai suoi polmoni in bicicletta. Mathieu van der Poel ha provato a restare impassibile, come gli accade quando pedala. Non ce l’ha fatta. I suoi occhi non hanno potuto far nulla all’incedere delle lacrime, nella stessa maniera nella quale i suoi avversari pochi minuti prima non avevano potuto far nulla all’incedere delle sue ruote. Il pianto ha piegato il vincitore di giornata, il nuovo primattore del Tour de France. D’altra parte si può far poco in questi casi, soprattutto quando si avvera ciò a cui si teneva moltissimo. La prima vittoria alla Grande Boucle, la prima maglia gialla. E questo senza che chi aveva generato in lui l’amore per la bicicletta, ancor prima che per il ciclismo, potesse inorgoglirsi.
Nonno Raymond Poulidor se ne era andato da questo mondo senza aver vestito nemmeno per un giorno quello che lui avrebbe indossato. E senza poter assistere a quel momento.
Mathieu van der Poel era arrivato a Brest con l’idea fissa di fare patta anni dopo con la storia. Aveva omaggiato la memoria del nonno con una maglia colorata allo stesso modo della Mercier, si era fatto ritrarre in una foto che era (quasi) copia moderna di una del 1965. Poi aveva fallito la prima occasione a Landernau. Sapeva che oggi non poteva ripetersi, che doveva fare le cose al meglio. E il meglio prevedeva un'unica possibilità: tenersi tutti dietro alle spalle e inventarsi qualcosa per essere sicuro della maglia. Rischiare per prendersi tutto. E così al primo passaggio sul Mûr-de-Bretagne ha allungato per prendersi l’abbuono, al secondo invece ha allungato per prendersi tutto. Si è guardato attorno, ha rintuzzato mezzi tentativi e allunghi poco convinti, poi ha fatto danzare la bici al suo modo un po' scomposto, un po' spigoloso, terribilmente efficace.
Non c’ha potuto fare niente Julian Alaphilippe, quinto all’arrivo, “scippato” del giallo, ma sfuggito al rammarico perché in fondo quando si assiste al compimento di una bella storia non ci si può restare troppo male.
E non c’hanno potuto fare niente neppure Primoz Roglic e Tadej Pogačar, attenti l’uno all’altro, quasi in maniera morbosa, quindi potenzialmente bellissima. Terzo e secondo sotto lo striscione d’arrivo, quarto e terzo in generale. Hanno altre tre settimane di tempo per far evolvere la loro sfida, quel che sembra probabile è che sfrutteranno ogni ruga del terreno per dimostrare all’altro di essere più forte.
I due sloveni sembrano andare forte allo stesso modo, corrono appaiati, non si fidano uno dell’altro. A dividerli c’è la capacità di relazionarsi con gli avversari. Roglic è sfuggente, cerca la solitudine. Pogačar invece ha capito che di una mano da qualcuno si può sempre averne bisogno. E così saluta, chiacchiera, dà pacche sulle spalle, fa i complimenti a Mathieu van der Poel per la vittoria. Non tattica, solarità, quella che non riesce a esprimere in gruppo l’altro sloveno. Che non è sgarbato o sbruffone, “è solo un po’ orso”, disse l’anno scorso a Peloton un meccanico della sua squadra proprio al Tour, aggiungendo: “Preferisce starsene sulle sue, ma lo capisco, ci vuole concentrazione e serietà quando ti giochi una maglia”.
Se la vive molto più serenamente Ide Schelling. La ricerca della maglia a pois l’ha trasformata in un gioco di scatti, di facce, di allez e di urrà. Oggi l’ha persa, ma la vestirà comunque domani (van der Poel indosserà la maglia gialla), ma è pronto a riconquistarla: “Il Tour è lungo, di gran premi della montagna ce ne sono molti. Io mi concederò a quelli corti, che alle salitone non so se piacerebbe essere vinte da un corridore come me. Vedremo”.