In ginocchio a metà
Se lo fa il Belgio sì, per Black Lives Matter nì. Parla la Figc, e lo psicodramma si fa commedia
Lo psicodramma dell’inginocchiamento nazionale trova finalmente uno sbocco istituzionale. Avevano parlato un po’ tutti, Letta, Salvini, Saviano, Bonucci, Chiellini, tutti, tranne la Figc. Non si poteva andare avanti con questo pazzo minuetto, seduti, in piedi, in ginocchio, qualcuno in piedi, qualcuno in ginocchio, come in chiesa, come nelle scuole del Regno, quando entrava in classe il preside a sorpresa. Questa poi è una faccenda complessa. Non ci si improvvisa all’ultimo (altro che pugni alzati a bruciapelo sul podio, come Smith e Carlos a Città del Messico: forse non tutti sanno che per inginocchiarsi bisogna prima presentare domanda ufficiale all’Uefa, per gli azzurri sono necessarie anche le credenziali Spid, da qui una certa ritrosia della squadra). Eccolo allora il comunicato della Figc, fermo e risoluto, incorniciato in un virgolettato di Repubblica: “L’Italia si inginocchierà, se lo farà il Belgio, pur non condividendo le modalità della campagna”.
Chiaro, impeccabile, cristallino. In ginocchio per solidarietà al Belgio. Per ravvivare un po’ di spirito antifrancese che agli europei non guasta mai, e per ossequio e omaggio al movimento fiammingo di Rodenbach e Gezelle (e i Valloni?), per ringraziare Ursula von der Leyen del Recovery fund ma anche per commemorare Maria José del Belgio, moglie di Umberto II di Savoia, ultima regina prima della proclamazione della Repubblica. I motivi non mancano. La Figc sposa quindi la linea Chiellini che, poveretto, s’era già impappinato tra combattere il razzismo e il nazismo (che comunque sono due cose brutte), tirandosi dietro uno strascico di indignazione alle stelle e la solita conferma del motto di Churchill sugli italiani (non perdonano un lapsus a un calciatore ma minimizzano sui “golpe in Venezuela” del loro ministro degli Esteri).
“Quando ci sarà la richiesta da parte dell’altra squadra”, diceva Chiellini, “ci inginocchieremo” (basta che non ce lo chiedano prima di un calcio di punizione per loro). Ma insomma alla fin fine abbiamo trovato la quadra: per il Belgio questo e altro, per il Black Lives Matter nì. Sarà così un’Italia di lotta, di governo e di opposizione. Nella nota della Figc (non è un “comunicato”, si precisa, ma una “nota”), ecco risuonare tutta una tradizione profonda: le convergenze parallele, i comunicati dell’altra federazione, la Fgci, quella dei giovani comunisti, “né con lo stato, né con le Br”, l’elenco interminabile dei “ma anche” veltronici, il “non-partito” e il “non-statuto” di Grillo e Casaleggio, cambiare tutto affinché tutto resti com’è. Inutile lottare contro una tradizione così. Del resto, ci viene sempre in aiuto la nostra formidabile lingua, come coi dpcm di Conte nel lockdown. Perché in Italia i comunicati (o le note) si “diramano”. Sentite, assaporate il gusto, la genericità e la vasta scivolosità di questo verbo (“la strada si diramava formando un bivio”; “distribuirsi in rami”, “anche figurato, come di fiumi, di vene, di strade che si moltiplicano, ecc.”). Inginocchiarsi allora per compiere un arabesco. In omaggio al sempiterno motto di Flaiano. E speriamo davvero non si perda dopo la prima inginocchiata collettiva, che Meloni vola al quaranta per cento e Libero e il Giornale non li tieni più.