Il Foglio sportivo
È il giorno di Italia-Belgio. Chi fermerà Romelu Lukaku?
Avanti Bonucci e avanti Chiellini, meglio se insieme in campo, sentinelle del calcio italiano per un’ultima estate
Tre settimane fa pensavamo che l’Italia sarebbe approdata ai quarti finalmente libera dalle insegne della favorita: ci saranno il Belgio, ci dicevamo, o in seconda battuta la Francia o eventualmente Spagna, Germania, Inghilterra a farci abbassare le ali e deporre le penne. Invece i mai generosi bookmaker di tutta Europa ci danno “sotto la pari” anche stasera, perché Hazard, perché De Bruyne, ma soprattutto perché l’Italia, per il modo in cui ha sbatacchiato tutte le avversarie per 90 minuti o almeno per trenta, come contro l’Austria, ma la mezz’ora buona. Sulla rivoluzione copernicana di Mancini, di stile e di sostanza, sono ormai stati scritti volumi che, dopo il pericolo scampato di Wembley, sono già pronti per essere dati alle stampe comunque vada a finire: il Mancio ci traghetterà fino a Qatar 2022 e oltre. E però la vita è adesso, diceva Baglioni, e i quarti di finale di un grande torneo estivo costringono molto spesso ad abbracciare la ragion pratica. Indi per cui, dopo venti giorni di salamelecchi sul doppio play, la riaggressione alta, il 2-3-5 con Spinazzola e Barella incursori all’altezza dei tre in attacco, come siamo cambiati, come siamo diversi, come siamo migliori, da lunedì mattina l’Italia ha solo un pensiero: opporre a Lukaku Bonucci e Chiellini.
Bonucci e Chiellini, i due terzi della BBC che è stata la miglior espressione del calcio difensivo italiano degli ultimi dieci anni (pur senza alcun titolo internazionale, a differenza delle generazioni precedenti), sono l’estate italiana sempre uguale e sempre lamentosa, più per posa che per vera convinzione, che tracima di quella familiarità noiosa ma rassicurante che si respira nel testo e nella melodia del vero inno nazionale morale, con buona pace di Mameli e Novaro. “Azzurro”, da preferire non nella versione cantilenante di Celentano ma in quella più ironica e irrequieta di Paolo Conte, scaltra e ingannevole come gli italiani che giocano a pallone, con le sue finte che sfociano in ulteriori accelerazioni, con le dita che zompettano sul pianoforte e sembrano maltrattarlo quando invece lo venerano. In fondo, come didascalia dell’eterno ritorno di Bonucci e Chiellini, quale verso migliore del prodigioso incipit “Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso, eccola qua”? La verità è che, pur odiandoli “tutto l’anno” come fa l’ampia fetta di paese che non simpatizza per la Juventus, al dunque abbiamo bisogno di Bonucci e Chiellini perché non possiamo fare a meno di essere cauti, cosparsi come crema solare di quella prudenza che sfoggiamo solo durante le partite di calcio importanti, occhieggiando ai rigori, pensando prima a disinnescare le bocche di fuoco altrui e poi ad armare le nostre: come disse lo scorpione alla rana, “è la mia natura”. Abbiamo bisogno di Bonucci e Chiellini perché nei cinque minuti finali con l’Austria cercavamo lo spirito di Giorgione nelle spazzate incerte di Di Lorenzo, e perché senza il suo Polluce Castore Bonucci è spaurito, balbettante come spesso avviene anche nella Juve (“mi accorgo di non avere più risorse senza di te”), commette errori non rimediabili se al posto del balbettante Arnautovic dell’altra sera ci sarà Lukaku. Ci servono Chiellini+Bonucci perché la loro unione – qui e ora, in un contesto forse sorpassato come un grande torneo per nazionali, eppure terribilmente concreto e politico – è di molto superiore alla semplice somma delle due individualità. Ci auguriamo Bonucci e Chiellini pur con i loro limiti fisici e tattici sempre più esclamativi, perché Chiellini raramente riesce a mettere insieme due partite di fila e spesso ci ha lasciati a piedi dopo un quarto d’ora, come nella disastrosa finale 2012 contro la Spagna o nella più recente Italia-Svizzera. E Bonucci, del quale tanti allenatori ripetono a intervalli regolari che “non sa difendere”, in effetti è quello che si perde Diego Godin sul corner fatale di Italia-Uruguay 2014 e due anni dopo sbaglia uno dei quattro rigori contro la Germania macchiando un Europeo monumentale, aperto dallo straordinario lancio per Giaccherini proprio in Italia-Belgio, partita-manifesto della superiorità agonistica del Contismo. E insieme Bonucci e Chiellini condividono il disastro morale di Italia-Svezia, in qualità di massimi leader di uno spogliatoio che non seppe fare fronte comune anche a costo di ammutinarsi contro Ventura, pur di artigliare la qualificazione ai Mondiali. L’intesa e la conoscenza reciproca sono indiscutibili, un po’ meno l’efficacia ad alti e altissimi livelli: ma le squadre e le partite di un torneo per Nazionali non hanno la raffinatezza e l’armonia delle notti di Champions, procedono spesso a strappi e sensazioni, dunque ben vengano Bonucci e Chiellini, a ricordare all’Europa che lo chiamiamo Vecchio Continente anche perché ci ostiniamo a menarcela con la tradizione e “il solito rituale” come cantavano i Righeira, un altro duo torinese non meno ossessivo e ossessionante di Bonucci&Chiellini nelle estati italiane. Lo stesso discorso lo sta facendo del resto anche il Belgio di Martinez, che contro il Portogallo ha rispolverato con successo i tre dinosauri Vermaelen, Vertonghen e Alderweireld, 101 anni in tre.
Al momento in cui scriviamo gli spifferi danno Acerbi in leggero vantaggio, e questa sì che sarebbe una rivoluzione: rinunciare al totem Chiellini proprio in presenza del centravanti più fisico e chielliniano di questi tempi. Ma chissà. Di Nazionali ne abbiamo viste tante, e quest’Italia-Belgio bavarese, nonostante la tanta modernità sbandierata da ambo i lati, ha il profumo di vecchio delle case dei nonni: nel clangore dei pesi massimi a contrasto si deciderà una partita che non dobbiamo aspettarci spettacolare, gravata dal peso della (semi)finale anticipata e della grande occasione tanto per noi quanto per loro, per evitare che il primo posto nel ranking FIFA si trasformi in barzelletta (e si sa che le barzellette sui belgi sono un genere florido, soprattutto in Francia: “Perché i belgi hanno le patate fritte e gli arabi il petrolio? Perché quando c’è stato da scegliere che cosa farsi dare dal Padreterno, i belgi hanno scelto per primi”). Avanti Bonucci e avanti Chiellini (?), sentinelle del calcio italiano per un’ultima estate, a tamponare, spazzare, lanciare, ricostruire, tenere in ordine l’area di rigore come si fa con il giardino: “Stanno innaffiando le tue rose/non c’è Lukaku/chissà dov’è”.