Matteo Berrettini (foto Ap)

A Wimbledon exploit di Berrettini, già pronto per Tokyo

Giorgia Mecca

L'azzurro accede ai quarti dello slam e fa crollare la tradizione degli italiani terraioli e poco altro

Ci sono gli annunci sui social che irrompono a ciel sereno, mentre a Londra gli italiani stanno facendo la storia del tennis, ci sono le polemiche e il grande disertore, Jannik Sinner: “Rappresentare il mio paese è un onore” e bla bla bla, però scusatemi ma quest’anno non contate su di me, ne riparliamo alle prossime Olimpiadi, Parigi 2024. E poi c’è Matteo Berrettini, che ha saputo della decisione di Sinner di non partecipare a Tokyo 2020 durante il match di terzo turno contro Bedene, ha risposto alzando le spalle e ha continuato a giocare, ha vinto e ha vinto ancora due giorni dopo, oggi, durante l’ultimo Manic Monday della storia del torneo (anche dalle parti di Church Road qualcosa cambia, ogni tanto).

Berrettini è ai quarti di finale a Londra ed è il quinto italiano della storia a raggiungere questo risultato, l’unico a essere arrivato così lontano in 3 major su 4. And still counting, come dicono dalle parti dell’All England Club. Il numero otto al mondo, quest’anno ha perso il proprio turno alla battuta soltanto due volte in cinque partite, è suo il servizio più forte del torneo, 223 chilometri orari, i suoi avversari in media non sono riusciti a rispondere alla metà delle sue prime. “E’ uno dei pochi tennisti il cui gioco si adatta naturalmente all’erba”, ha scritto il Guardian a proposito del nostro numero uno, che ha vinto ventuno delle ultime ventitré partite giocate sull’erba.

Italiani terraioli e poco altro? Ecco un’altra tradizione destinata a crollare dopo questa edizione. Due anni fa sul Centrale di Wimbledon, l’italiano aveva incontrato Roger Federer, era finita 6-1 6-2 6-2 per lo svizzero: Berrettini era un blocco di cemento, faceva fatica a respirare, figuriamoci a muoversi: troppa tensione, troppo grandi il campo e l’avversario; alla fine del match, stringendogli la mano Matteo aveva detto a Roger: “Grazie. Quanto costa la lezione che mi hai dato?”. Tutto gratis e a buon rendere, Berrettini ha incassato, eliminazione e figuraccia, ed è tornato forte come non è mai stato. Le sconfitte quasi sempre non hanno niente da insegnare, Berrettini ha imparato molto, ogni volta.

 

E’ riflessivo Matteo, introverso,  pensa tanto, a volte troppo, le sue prime volte sono state angosciose, tra sguardi dubbiosi rivolti al pubblico, occhi pieni di paura, parole su parole su parole urlate per cercare, invano, di scrollarsi di dosso il nervosismo. I suoi esordi li ha sprecati tutti, soprattutto quando i commentatori si aspettavano qualcosa da lui: sul Centrale del Foro Italico, a Wimbledon, nell’esordio a Parigi. Ma in silenzio, lontano dagli astri nascenti, dalla Next Gen e dalle loro copertine e i contratti milionari, ha imparato a pensare di meno e a tirare qualche ace in più. Secondo gli esperti è lui l’avversario che Novak Djokovic, il grande favorito, dovrebbe tenere d’occhio quest’anno sull’erba; al Roland Garros, poche settimane fa aveva vinto il serbo in quattro set, ma nel frattempo è cominciata la stagione in verde e Berrettini non ha mai perso. Dopo la vittoria al terzo turno, subito dopo aver stretto la mano a Bedene ha chiesto al suo angolo cosa aveva fatto la sua fidanzata Alja Tomljanovic, anche lei impegnata in campo; e ieri nell’intervista post match invece di parlare della sua vittoria si è congratulato con la nazionale di basket in partenza per le Olimpiadi dopo 17 anni. Preferisce complimentarsi con gli altri e lasciare che sia il campo a parlare al suo posto. Anche per lui la trasferta giapponese sconvolge piani e programmazioni, soprattutto dopo Wimbledon; il tennis alle Olimpiadi è considerato un evento minore, eppure Berrettini non ha mai messo in discussione la sua presenza, il fatto di far parte di una squadra. In uno sport individuale come il tennis si vince da soli, e Berrettini lo sa, ma è bello anche far parte di un gruppo, e Berrettini sa anche questo.

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