Il Foglio sportivo
Dietro le quinte della vittoria a Euro 2020. Parla il match analyst della Nazionale
“Abbiamo visto un Europeo di qualità, con squadre propositive”, dice Marco Scarpa. “Senza pressing e costruzione dal basso si fa fatica”
Dietro le quinte del trionfo azzurro, dalla prima partita di qualificazione fino a Wembley, c’è uno staff affiatato che niente lascia al caso. Sono i match analyst e gli osservatori a disposizione del commissario tecnico per curare l’avvicinamento alla gara: dallo studio dei caratteri dell’avversario alla preparazione delle contromosse, un lavoro complesso, dettagliato e preciso vede protagonisti Antonio Gagliardi e Simone Contran alla produzione di materiale video, l’ex allenatore del Padova Mauro Sandreani e Marco Scarpa in tribuna. Quarantanove anni, chioggiotto, Scarpa è stato il centravanti del primo Cittadella dei miracoli, che Ezio Glerean schierava con un fantascientifico modulo 3-3-4: c’è anche del suo in una Nazionale votata all’attacco. “Agli Europei si è visto un bel calcio – racconta al Foglio Sportivo, non dimentico dei propri trascorsi agonistici – con squadre propositive e non speculative. Quella è la strada: saper attaccare con molti uomini, ma difendendo bene con equilibrio”.
Così squadre meno celebrate – Danimarca, Svizzera, Repubblica Ceca – ma sempre votate all’attacco hanno saputo eliminare qualche big un po’ a sorpresa: “Si è avuta la conferma – prosegue Scarpa – che chi non sa costruire gioco dal basso e chi non sa pressare fa fatica”. Il resto lo fanno i giocatori: “È sempre un piacere vedere i migliori dal vivo. De Bruyne ad esempio è un talento impressionante, Sterling colpisce per la sua tecnica in velocità, e anche Pedri pur giovanissimo è già molto bravo. Ma comunque i nostri sono stati i più bravi di tutti...”. Come Donnarumma: “È il miglior portiere al mondo, avevo sensazioni sicuramente positive prima dei rigori contro Spagna e Inghilterra”.
Una vittoria che viene da lontano: Scarpa ci ha sempre creduto, anche quando tutti hanno tremato contro l’Austria. “Già durante il percorso della Nations League e delle qualificazioni – continua il match analyst della Nazionale – la squadra si era espressa benissimo, confermandosi poi nelle prime partite dell’Europeo a Roma, giocando bene, dominando le partite e producendo molte occasioni da rete. Poi dagli ottavi i ragazzi si sono superati, dimostrando di essere la miglior squadra sotto tantissimi aspetti, anche superando difficoltà come giocare la finale fuori casa e lo svantaggio immediato”. Una cosa sola tra campo, panchina, entourage e… aneddoti blucerchiati: “Lo staff creato da Mancini è stato uno dei motori del successo, e sono orgoglioso di averne fatto parte. Il legame che hanno gli ex doriani è unico, sono veramente molto amici, si intendono a memoria. Ho capito perché la Sampdoria in quegli anni stupiva tutti”.
Un feeling che ha contagiato i calciatori, culminato nell’ondata di solidarietà per Spinazzola dopo l’infortunio contro il Belgio: “Spina è un ragazzo sempre sorridente e stava disputando un grande torneo. Il suo infortunio è stato uno choc per tutti, però la squadra è stata brava a tramutarlo in una motivazione in più per arrivare in fondo e regalare anche a lui la vittoria”. Di nuovo (o forse d’antico) c’è stato il ritrovato attaccamento dei tifosi: “Penso che la serie tv “Sogno Azzurro” – sottolinea Marco Scarpa – per la prima volta abbia fatto entrare gli italiani dentro la quotidianità di Coverciano, svelando alcuni aspetti segreti e intimi della squadra e delle persone che lavorano attorno, avvicinando le persone che forse non conoscevano bene le nostre dinamiche, affezionandosi e innamorandosi sempre più di questa squadra durante l’Europeo”. C’era anche lui, lunedì, al ricevimento del Quirinale e di palazzo Chigi: “Ricorderò la giornata come uno dei momenti più belli, per non parlare dei giro in pullman scoperto attraverso Roma. Vedere la gioia negli occhi della gente è stato emozionante. Da calciatore ho fatto la gavetta, ho vinto cinque campionati dall’Eccellenza fino alla promozione in B, lo stesso da allenatore: dopo nove anni in azzurro è il coronamento di un percorso”. E più che agli onori, ora pensa alla Nations League e al Mondiale.
Enrico Veronese