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Il Foglio sportivo

Storia di Giannis, meglio di un film

Umberto Zapelloni

Campione da record in Nba. Così Antetokounmpo ha fatto tornare al successo Milwaukee

John Grisham ha provato a raccontare una favola sportiva ne Il sogno di Sooley, ambientato nel basket universitario. Ma non c’è romanzo che possa reggere il confronto con la storia di Giannis Antetokounmpo, l’ultimo superuomo propostoci dalla Nba in questi giorni. Una storia così bella e incredibile che neppure la fantasia di uno dei più venduti scrittori al mondo avrebbe potuto partorire. La realtà batte la fantasia e le storie che ci regala lo sport sono spesso così belle e profonde da risultare imbattibili. Storie da Oscar che neppure Hollywood avrebbe il coraggio di realizzare ritenendole troppo fantasiose per essere credibili. Se la favola di Giannis fosse stata proiettata sul grande schermo, dopo averla vista ci verrebbe da dire “la solita americanata… dai… chi ci crede”. Invece è tutto vero. Ed è una lezione di vita come ci racconta lui stesso: “Bisogna inseguire i propri sogni non importa quanto folli possano sembrare”.

 

Il figlio di due giovani ragazzi nigeriani sbarcati come clandestini a Sepolia, un quartiere non proprio alla moda di Atene, nato in Grecia il 6 dicembre 1994, è diventato il re della Nba dall’alto dei suoi 2 metri e 11. Il padrone del mondo che fino all’anno scorso era di Lebron James e dei Lakers. Quello stesso Lebron che qualche giorno fa si è seduto con una bottiglia di tequila a bordo campo per ammirarlo e l’altro ieri ha twittato: “Greek Freak is HOOPING!!!!”. Antetokounmpo stava segnando 50 punti (più 14 rimbalzi e 5 stoppate) nella gara decisiva delle finali Nba, regalando ai Milwaukee Bucks il primo titolo 50 anni dopo quello firmato da Kareem Abdul Jabbar.

 

Un’altra prestazione perfetta, finalmente anche ai tiri liberi che erano il suo unico punto debole. Gli americani che amano tradurre tutto in statistica hanno elencato almeno tre-quattro record battuti dal ragazzone arrivato in America come quindicesima scelta assoluta al draft del 2013. Ad esempio è diventato il settimo giocatore nella storia con una partita da 50 punti nelle Finals, il primo dopo LeBron James (2018) e Michael Jordan (1993). Una buona compagnia. “Ante è lo Shohei Ohtani del basket! Nessuno oggi è più completo, Nessuno più bravo di lui”, racconta Dan Peterson paragonandolo alla stella che sta trasformando il baseball. Quando fu chiamato dai Bucks aveva in tasca un contratto con Saragozza dove sarebbe finito se l’America non gli avesse offerto un posto. Stava cercando casa ad Atlanta, convinto di essere destinato a diventare una delle ultime scelte, quando ha ricevuto una telefonata da Milwaukee. La città della Harley Davidson, della birra Miller e degli Happy Days di Fonzie, aveva bisogno di un nuovo simbolo. Ha scommesso su quel ragazzone grezzo, ancora gracile (ha messo su 25 chili di muscoli) ma dal potenziale enorme. E Giannis non li ha delusi.

 

Il suo è anche il trionfo della riconoscenza. L’anno scorso lo ha cercato mezza Nba per ricoprirlo d’oro in franchigie sicure di arrivare a giocare per il titolo. Non c’era squadrone che non lo volesse nel suo progetto. Ma Giannis, che non è Donnarumma (anche se pure lui ha un fratello decisamente meno forte in squadra), ha detto: “Voglio potare il titolo a chi ha creduto in me dal primo giorno e mi ha dato fiducia sostenendomi sempre. Per arrivare all’anello ho scelto la strada più dura. Non potevo andarmene prima di aver finito il mio lavoro”. Ha pianto mentre lo diceva. Ma non era l’unico con le lacrime agli occhi. Da bambino vendeva borse false per le strade di Atene. In famiglia c’era un solo paio di scarpe da basket e per giocare doveva fare a turno con suo fratello. C’erano sere in cui non era facile mettere qualcosa sotto i denti. La Grecia non gli aveva neppure dato la cittadinanza. Per anni non è diventato greco e non era neppure nigeriano, visto che era nato a Atene. Un apolide.

 

Quando nel 2013 per meriti sportivi (giocava nella seconda serie ellenica e nella Nazionale giovanile con cui esordì all’estero proprio in Italia in un torneo a Jesolo) ottenne la cittadinanza greca, un genio della politica (non è un’esclusiva italiana evidentemente) disse in tv: “Se dai ad uno scimpanzè allo zoo una banana ed una bandiera, questo lo rende automaticamente greco?”.  Lo hanno raccontato ragazzi che non fanno sconti a nessuno come quelli de “La giornata tipo”. Oggi la Grecia è orgogliosa della famiglia Antetokounmpo, un cognome figlio della traslitterazione in caratteri latini del nome greco. Giannis ha due fratelli che giocano a basket. Ma il dio è lui. Solo lui. Milwaukee ci ha creduto e quando Giannis ha rinunciato a diventare free agent lo ha ricambiato con un contratto da 228 milioni di dollari in 5 anni, uno dei più ricchi della storia.

 

Il ragazzo che appena sbarcato in America si presentava alle cene di squadra con delle borse per portare a casa gli avanzi e rimproverava i compagni che gettavano via scarpe da ginnastica quasi nuove, oggi è uno degli sportivi più ricchi d’America e quindi del mondo. Però non si dimentica da dove arriva. Della fame che ha sofferto. E ogni anno a Sepolia arrivano i suoi regali. I suoi primi ingaggi li spediva a casa, tanto che la leggenda racconta di come rischiò di arrivare tardi al suo debutto al Madison. Era un ufficio della Westen Union a spedire i soldi a casa. Tutti quelli che aveva in tasca, ovviamente. Una volta finita l’operazione si accorse che non aveva dollari per prendere un taxi e andare al palazzo. Si mise a correre per Manhattan, quando una coppia di tifosi in auto lo vide e gli diede un passaggio. Vista in un film sarebbe una scena poco credibile. Raccontata da lui fa tutto un altro effetto.

 

Milwaukee dopo aver scommesso su Giannis non lo ha lasciato solo, gli ha costruito attorno una squadra. Con lui arrivò subito anche Khris Middleton che per Giannis è diventato un quarto fratello e poi Jrue Holiday, anche lui uomo simbolo della vittoria nelle Finals rimontando da 0-2 contro i Phoenix Suns e Bobby Portis che è un altro idolo del Fiserv Forum. Dopo esser stato per due volte Mvp della stagione, quest’anno Antetokounmpo è stato eletto Mvp delle Finals. Ha segnato il 47,6 per cento dei punti della sua squadra con una media impressionante nelle Finals: 35.2 punti, 13.2 rimbalzi, 5.0 assist, 1.2 rubate, 1.8 stoppate, 61,8 per cento dal campo, il primo nella storia a tenere queste cifre in una singola serie di playoff. Ma da solo non ce l’avrebbe mai fatta. La sua è anche la favola di una squadra che per 50 anni aveva fatto far festa solo agli avversari. E che ora potrebbe aprire un ciclo.

 

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