Oro a pedali. L'Italia dell'Inseguimento a squadre vince a Tokyo 2020
Consonni, Ganna, Milan e Lamon sono i più veloci di tutti, anche dei danesi, nei 4 km della prova olimpica. Nuovo record del mondo dopo una rimonta strepitosa
Sarebbe stato bello pure perderla la finale. Si sapeva che i danesi erano i più forti, se non fenomeni, quasi. Gli Azzurri avevano iniziato forte, erano stati in vantaggio, poi la Danimarca aveva recuperato. Avevamo cullato una lietissima illusione, lo sport serve anche a questo. Pretendere di più sembrava utopia. È diventata realtà. L’Italia dell’Inseguimento a squadre ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020, ha stabilito il nuovo record del mondo 3'42"032, migliorando di tre decimi quello che avevano segnato ieri.
Simone Consonni, Filippo Ganna, Jonathan Milan e Francesco Lamon l’hanno vinta quando sembrava l’avessero persa, con un recupero costante negli ultimi 750 metri, addirittura strepitoso negli ultimi 250. Erano dietro di sette decimi a tre giri dalla conclusione, di due all’ultimo giro. Hanno staccato i danesi di 17 centesimi dopo il traguardo. Un recupero impressionante: gioia pura e stupore. Una rimonta guidata da Filippo Ganna e supportato da tutti. L’Inseguimento è scienza perfetta, non si vince per caso. Servono anni per rodare meccanismi, per oliare i movimenti. Consonni, Ganna, Milan e Lamon sono stati perfetti, hanno pedalato all’unisono, fidandosi ciecamente l’uno dell’altro. Poi Ganna ha dato la botta finale, quella violenta e dolcissima che ci ha consegnato le chiavi per il gradino più alto del podio.
Era da Seul 1988 che non si assisteva a una lotta così incerta per l’oro. Allora si sfidarono Urss e Germania Est, due tra le scuole della pista che sostituirono quelle storiche di Italia e Francia.
L’Italia aveva vinto l’oro tra il 1920 e il 1932, poi dal 1952 al 1960. Era da Luigi Arienti-Franco Testa-Mario Vallotto-Marino Vigna, il quartetto che entusiasmò il velodromo olimpico di Roma 1960 che l’Italia non conquistava l’oro in questa disciplina. All’epoca i velodromi li si costruivano, erano pieni di gente e di festa, come le bici che venivano pedalate in città. Il boom le mise in cantina e con loro l’amore per la pista. Ora le bici sono tornate e hanno conquistato pure l'ovale di Tokyo.