Il Foglio sportivo
Tutti tifosi col green pass degli altri
Così Germania e Inghilterra gestiranno il ritorno del pubblico negli stadi
Le vite degli altri, quelle che un giorno potrebbero essere le nostre, se gli altri cominciano a ballare presto e ci fanno spiare i loro passi di danza. Incerti anche quando non lo sembrano, perché il suono, stonato e in costante variazione (o variante) è quello di una pandemia. Le vite degli altri, nei vari campionati europei, hanno ripreso quel ritmo da qualche giorno, e in questo fine settimana si aggiungono alla danza scoordinata anche, tra le nazioni maggiori, Inghilterra e Germania, Premier League e Bundesliga, con un anticipo a testa il venerdì sera. Non danzano però assieme, le due nazioni, già a partire dalla capienza degli stadi: al 100 per cento quella inglese, al 50 quella tedesca e comunque fino a un massimo di 25.000 spettatori, che scendono a 20.000 nel caso del Bayern, dove dunque siamo al 35 per cento. Perché? Perché in Germania il potere legislativo delle 16 singole regioni, i Länder, in alcuni settori è molto forte e in Baviera c’è un fattore prudenza (o fifa…) superiore che altrove. Una nota di ulteriore confusione: il 50 per cento di cui sopra vale solo fino a che il numero di contagi nei sette giorni precedenti resta sotto i 35 per 100.000 abitanti, 50 nel Baden-Württemberg, stato che ospita lo Stoccarda e il Friburgo.
Dice: ok, ma come si entra allo stadio? Sempre in Germania, bisogna sottostare alla cosiddetta regola delle 3G, geimpft, getestet, genesen, ovvero vaccinati, negativi a tampone fatto nelle ultime 48 ore o guariti, tutto controllato tramite Green Pass cartaceo o app chiamata Luca. Pratica già attuata nei campionati minori, partiti a metà luglio e con minime differenze tra stato e stato. Lo abbiamo potuto verificare in un rapido tour dell’ex Germania Est, una partita di terza divisione e due di quarta: nel primo caso controllo del Green Pass cartaceo o tramite ‘Luca’ e obbligo di mascherina fatto rigorosamente rispettare nei corridoi, anche all’aperto. Nel secondo, nel piccolo, storico stadio del Lokomotive Lipsia, controllo preventivo fuori dal perimetro, con dotazione di braccialetto a chi aveva le credenziali in ordine e tampone rapido ai reprobi ma, all’interno, controlli inesistenti; nel terzo, a Chemnitz, lettura del Green Pass ma blandissima verifica del rispetto delle mascherine nei luoghi di transito.
La Premier League non ha invece imposto alcun tipo di controllo obbligatorio, specificando però che i tifosi “devono prepararsi a mostrare di essere stati vaccinati o di aver fatto un tampone negativo nelle 48 precedenti la partita”. Controlli casuali qua e là, dunque, in attesa del vero spartiacque della stagione, il 1° ottobre, quando dovrebbe diventare obbligatorio il passaporto vaccinale per eventi con capienza superiore ai 20.000 spettatori. Alcuni club si sono messi avanti: il Brighton, il Chelsea e il Tottenham, ad esempio, consentono l’ingresso solo a chi possa dimostrare di essere vaccinato o negativo al tampone delle 48 ore. Anche il Liverpool ha effettuato una prova del genere, in due amichevoli ad Anfield, con un primo risultato non esaltante: entrambe sono iniziate in ritardo per via delle lunghe code agli ingressi. Mentre a Wembley, per il Community Shield, era richiesto un tampone negativo recente registrato sulla app della NHS, la Sanità pubblica, cosa che ha costretto alcuni stranieri, che avevano approfittato del moderato richiamo della partita per acquistare il biglietto, a correre in farmacia per acquistare un auto-test con esito da presentare in sostituzione della app.
Tutti i club hanno però sposato, con bieco copia-incolla, le raccomandazioni della lega: mascherina obbligatoria negli spazi al chiuso e consigliata anche in quelli all’aperto, meglio non cantare spudoratamente rivolti allo spettatore a fianco, uscire dalla fila dando la schiena agli altri, in alcuni casi addirittura non toccare il pallone, se spedito in tribuna da un intervento maldestro, per lasciare che a farlo sia un addetto munito di spray e straccio. Anche in Football League, cioè dalla seconda alla quarta serie, consigli ma non obblighi e autodeterminazione dei singoli club: l’Ipswich Town è stato tra i pochi a rendere obbligatoria la prova di doppia vaccinazione o tampone negativo, e i 21.000 della prima partita, sabato scorso, sono entrati senza caos e senza intoppi.
Sul fronte agonistico, i giocatori sono stati incoraggiati proprio ieri a vaccinarsi dal principale esponente della Sanità pubblica, Jonathan Van-Tan. In ogni caso, un possibile contagio li fermerà per otto giorni, che possono valere una o due partite e certamente molti allenamenti: è accaduto di recente ad Aymeric Laporte del Manchester City, isolato per una settimana solo perché era arrivato con un volo sul quale viaggiava un passeggero risultato poi positivo. Ecco perché Ole Gunnar Solskjaer, allenatore del Manchester United, punta a tenere fresca tutta la rosa: basta niente a trovarsi senza uno o più titolari, al netto di errori grotteschi come la positività di una manciata di loro che ha portato all’annullamento di un’amichevole a fine luglio, salvo scoprire al secondo tampone che si era trattato di un falso allarme. Lo stesso United prima della gara di debutto contro il Leeds United ricorderà i morti per Covid, intento ovviamente nobile ma che unito a inginocchiamenti e manfrine varie sta rendendo il prepartita di Premier League più lungo di quello, estenuante, del Super Bowl.
A proposito, onore e rispetto per Ivan Toney del Brentford e Wilfried Zaha del Crystal Palace, unici a restare eretti avendo compreso più degli altri il vuoto pneumatico di retorica del gesto. Sugli spalti però tutto pieno, con qualche defezione che ha creato disagio: solo nove dei 20 club hanno infatti concesso ai tifosi che non si fidano, o che per motivi di salute non possono vaccinarsi, di poter far valere l’abbonamento dalla stagione 2022-23, mentre gli altri non si sono pronunciati. È un tema spinoso, unito a quello sulla severità dei controlli che potrebbe anche portare a diverbi. E fa un po’ sorridere pensare a come si sia ribaltato il mondo: una volta ti cacciavano, o ti impedivano di entrare in uno stadio, per ‘comportamento anti-sociale’, punito con apposito provvedimento detto Asbo, ora rischi di non poterci più mettere piede se socializzi troppo, se abbracci, canti, fraternizzi. Bene, no?