L'è on gran Milan? Speranze e timori della Milano rossonera
Cosa si aspettano i tifosi dal Diavolo dopo gli addii e gli arrivi del calciomercato? Le incognite, le ambizioni e la certezza di essere in buone mani, quelle di Pioli
Dunque, ricomincia il campionato. Les jeux sont faits: rien ne va plus. Oddio, mica tanto vero.
Il calciomercato, questa estate tanto pirotecnico a parole quanto asfittico nella sostanza, continuerà ancora per una decina di giorni a intrattenere, titillando, blandendo, illudendo o deludendo, gli appassionati di questo nuovo genere di avanspettacolo giornalistico di gran successo, stampato, chiacchierato o “pushato” sui nostri devices digitali di voyeur pallonari. Quindi, non sapremo se le squadre che scenderanno in campo tra sabato e domenica avranno le stesse formazioni di quelle che giocheranno nel weekend intorno al 12 settembre, terza giornata di campionato, quando tutto dovrebbe essere ormai stato definito dagli scambi e dagli ingaggi last-minute di questa fine di agosto.
Sono passati tre mesi dal 23 maggio, conclusione del campionato 2020-21. Chi avrebbe mai detto che l’estate si sarebbe riempita di così tanto azzurro? Prima gli Europei della “banda del Mancio”, poi il clamoroso quasi-Wimbledon di Berrettini e infine gli ori, forse neppure sognati, di Tokyo, con quell’indimenticabile “pomeriggio troppo azzurro” del 1° agosto all’Orinpikku Sutajiamu.
Ma, ammettiamolo: qualche minuto dopo la fine della cerimonia di chiusura dei Giochi olimpici giapponesi eravamo già in crisi di astinenza.
A quaranta giorni dalle elezioni amministrative che indicheranno il nuovo sindaco, non so se a Milano si sia più entrati nel clima di campagna elettorale o in quello del derby. Lo scorso campionato è terminato con le due squadre al primo e al secondo posto: non capitava da dieci anni, stagione 2010-11 – quando la classifica finale mi piaceva molto di più – prima dell’asfissiante egemonia bianconera.
Il 19° scudetto dell’Inter è stato lo scudetto di Antonio Conte e di Romelu Lukaku. Due firme svanite come inchiostro simpatico ai primi caldi estivi e, soprattutto, al “Bambole, non c’è una lira!” del sciur Suning. Certo che se ce l’avessero detto prima che si poteva vincere il campionato a botte di tratte e pagherò anche noi ci saremmo potuti attrezzare. Non abbiamo la squadra più forte del mondo, ma in materia di speculazioni finanziarie, modestamente, non siamo secondi a nessuno. Ma pazienza.
Sempre che nelle prossime settimane il battito d’ali di una farfalla alla borsa di Shenzen non si trasformi in un annichilente uragano sui Navigli nerazzurri, il derby arriverà alla 12° giornata, l’11 novembre, quando Palazzo Marino si sarà già insediato il nuovo sindaco. E lì si parrà la nostra, e la loro, nobilitate.
Una qualità che, lo dico fin da ora, non appartiene a quel turco, per un quadriennio fiacco usurpatore della zoppa antonomasia di “Rivera del Bosforo”, e ora prezzolato transfuga. Raccoglierà i successi di un altro Hakan nerazzurro, ne sono Şükür. Ambiva ad accendere la bombarda di Lukaku; gli toccherà armare le cerbottane di Pinamonti e Satriano? (Sì sì, lo so… c’è Dzeko, ed è rimasto Lautaro. Per adesso).
Dell’altro nostro disertore preferirei non dire, se non che "era già tutto previsto", per citare un maître-à-chanter che in Francia fu, e forse ancora è, più apprezzato che in Italia. Chissà se anche lo stabiese godrà della stessa sorte.
Facendo il viaggio in senso contrario, è arrivato a Milano Mike Maignan che, come canta invece un altro chansonnier più nostrano, "el g’ha voeuia de lavurà". E allora facciamolo lavorare (ma non troppo, eh?).
Possiamo contare sulle conferme di chi, prestato nella scorsa stagione, si è meritato la riconferma: Oluwafikayomi Oluwadamilola Tomori, per brevità chiamato Fikayo, e Brahim Díaz, che è già breve così. Su di loro mi sento di sbilanciarmi in un’ottimistica predisposizione dickensiana: Great Expectations. Da Sandrino Tonali – per il quale quasi un anno fa ho passato un intero pomeriggio in un oratorio di Sant’Angelo Lodigiano con "un prete a chiacchierar" – mi aspetto invece che si sia messo nelle orecchie, e nella testa, l’immortale mantra di Ruggeri, Tozzi e Morandi:
Quando i milanesi andranno alle urne, il prossimo 3 ottobre, Ibra compirà 40 anni. Nella scorsa stagione, nonostante i ripetuti acciacchi che l’hanno tenuto più infermeria che sul campo, la sua presenza è stata taumaturgica (27 partite e 17 gol, una media che Rafa Leão dovrebbe forse tatuarsi sul polso, tra un’interrogazione e l’altra). Ma siccome, giustappunto, Zlatan ha un anno in più, si è saggiamente provveduto a procurargli a supporto un valente dispositivo medico: la famosa “cintura lombare steccata” del dottor Giroud, che di anni ne ha soli cinque di meno, ma vabbè… era in saldo. Infine, per il momento, da Roma è appena arrivato Alessandro Florenzi: spero che abbia chiesto informazioni a Cafù per capire come si fa. Di quel che ci ha regalato il sorridente Pendolino, basterebbe la metà.
Non so se da qui a fine mese arriveranno Nikola Vlasic – che, a mio parere, ci farebbe fare un bel salto in alto, e non solo per merito della sorella - , o Yacine Adli – di cui mi piace la bella faccia berbera zidanesca: un’altra volta, abbiamo sbagliato a sceglier dalla cavagna bordolese ed è arrivato Ibou Ba, della cui presenza ci si è accorti soltanto quando si fece i capelli biondi come la Carrà – o chissà chi altro.
Dico però che il nostro miglior acquisto sarà un altro anno con Stefano Pioli, di cui ci siamo presto dimenticati i trascorsi da giocatore coi gobbi e da allenatore con i serpenti, tanto è stato bravo a portarci fuori dalle secche giampaole e a dare un’anima, un corpo e un gioco al giocattolo rossonero, quotidiano rifugio nella nostra infanzia.