Nizza-Marsiglia e il buon senso smarrito
In Francia il derby costiero finisce in una grande semi-rissa tra la tifoseria rossonera e i giocatori e lo staff del Marsiglia. I tifosi e "il dovere morale della serietà di spirito" da parte dei calciatori
Che tra Nizza e Marsiglia, soprattutto nel calcio, ci sia del disamore è storia antica. Sesta giornata della stagione 1932/1933, prima edizione del campionato francese, Olympique Marsiglia-Olympique Gymnaste Club de Nice finì 1-0 sul campo, 10-13 fuori dal campo, almeno per i contusi. Questione di storia, questione di recriminazioni storiche. Per i marsigliesi i nizzardi erano non francesi, per i nizzardi i marsigliesi erano i vicini supponenti e arroganti. O così evidenziarono i giornali dell’epoca. Quasi un secolo di storia non ha riappacificato davvero i rapporti, le tifoserie sono rimaste fedeli ai pregiudizi di allora e molti altri se ne sono sommati. È un derby costiero quello tra le due squadre, la rivalità è enorme
Domenica, nel corso della terza giornata della Ligue 1, all’Alliaz Riviera di Nizza, i padroni di casa si sono trovati di fronte un’altra volta l’Olympique Marsiglia. Il clima, con i tifosi ritornati sugli spalti, non era dissimile da quello che era solito trovare in uno dei due impianti. Sfottò, insulti, boati contro gli avversari, tentativi da parte di chi era addetto alla sicurezza dell’impianto di tenere calmi gli animi.
La partita è ferma sull’1-0 per i padroni di casa grazie al gol segnato dal danese Kasper Dolberg al quarantanovesimo. A un quarto d’ora dal termine il Marsiglia guadagna a un calcio d’angolo sotto la curva dei rossoneri. Mentre Dimitri Payet si avvicina alla bandierina per batterlo, dagli spalti vengono lanciati diversi oggetti. Una bottiglietta colpisce il numero 10 dell’OM che cade a terra, rotolandosi sul prato. Payet si rialza, raccoglie la bottiglia e la scaglia da dove era stata lanciata. Da lì il caos. Gli insulti aumentano, l’attaccante francese ne lancia un’altra verso gli spalti e alcuni suoi compagni di squadra si precipitano a dar manforte. Alcuni tifosi allora scendono dalle tribune e si riversano in campo per affrontare gli avversari e qualcuno dalle parole passa ai fatti. Qualche schiaffo, qualche pugno, un caos generalizzato che rapisce un po’ tutti, pure l’allenatore dei marsigliesi, Jorge Sampaoli.
La partita viene sospesa. Per oltre un'ora le squadre rimangono negli spogliatoi, poi quando il Prefetto di Nizza dà l’ok alla ripresa dell’incontro, l'arbitro Benoit Bastien rimanda i giocatori in campo. Sul prato di gioco però salgono solo i padroni di casa, l'OM si rifiuta di ripartire.
Certamente non un bel vedere, sicuramente qualcosa che poteva essere evitato. La sicurezza interna allo stadio ha dimostrato evidenti pecche organizzative. E i giocatori non hanno fatto molto per tenere la situazione sotto controllo. Payet e compagnia più di una volta si sono rivolti verso i tifosi avversari sfidandoli.
Se è vero che nessun comportamento giustifica il mettere le mani addosso a qualcuno, è altrettanto vero che ci vorrebbe maggiore buon senso anche da parte di chi scende in campo quando si giocano certe partite, soprattutto conoscendo bene la rivalità tra le tifoserie. "A volte non ci vuole poi molto per evitare che tutto diventi un groviglio di testosterone impazzito, servirebbe un po' di conoscenza dei limiti. Del calcio non butto via niente, neppure i momenti più truci. Però non accetto le dita rivolte verso gli spalti che accusano di tutto il tifo. Chi sta in campo ha il dovere morale della serietà di spirito, la sua irreprensibilità dovrebbe essere assoluta per evitare guai evitabili". Era il 1981 quando Günter Grass scrisse questa lettera al direttore del Welt. Sono ancora attuali.
Il Foglio sportivo - In corpore sano