Affrontare Zemanlandia
Sarà il Monterosi Tuscia Football Club la prima squadra ad affrontare il Foggia di Zeman. Parla l'allenatore David D’Antoni
Monterosi Tuscia Football Club-Foggia non è solo una delle partite della prima di campionato della Serie C, girone C, ma storie e vite che s’intrecciano all’ombra di Zemanlandia, la quale rischia, suo malgrado, di oscurare quel calcio che da sempre la filosofia zemaniana accarezza e rispetta. Qui, sulle propaggini dei Monti Sabatini, sulla Cassia l’uscita dopo Formello, ci si gode questa vigilia sull’affaccio della storia: la prima volta tra i professionisti per un club che è nato nel 2004, iniziando dalla Seconda categoria laziale. Un presidente visionario, Luciano Capponi, regista teatrale e televisivo che vuole fare della società il punto di riferimento di quella fetta d’Etruria chiusa tra Tirreno e Umbria. Un allenatore giovane, David D’Antoni, che ha portato la squadra dall’Eccellenza alla serie D nel 2016 e dalla D alla C appena qualche mese fa. Una responsabile della comunicazione, Federica Rogato, con alle spalle l’esperienza di Pescara, pure quella di Zeman, con Immobile, Insigne e Verratti.
D’Antoni, natali viterbesi, ha giocato tra serie A, B e C, con due stagioni alla Salernitana, dal 2001 al 2003: “Zeman veniva dalle esperienze di Lazio, Roma Fenerbahce e Napoli; era già un personaggio mitologico. Per me, giovanissimo, è stata un’esperienza bellissima. Lui un allenatore che ti stravolge e ti travolge, compreso l’aspetto mediatico. Ma sono passati vent’anni e il calcio è cambiato tantissimo”. Play da giocatore, da allenatore ha trovato a Monterosi l’ambiente ideale per esprimersi: “Sarò sempre in debito con chi mi ha dato questa opportunità. Qui ho trovato una famiglia ed è stato questo legame forte la base delle nostre vittorie. Certo anche giocatori importanti per la categoria, ma il gruppo è stato fondamentale”.
Ricordate il film “Il maledetto United”? Quando Brian Clough, allenatore del Derby County, riceve il Leeds allenato da Don Revie? Le arance negli spogliatoi? La bottiglia di ottimo liquore con i bicchieri di cristallo? D’Antoni sorride: “Sarà un grande piacere ritrovarlo, ma non so se si ricorderà di me dopo tanti anni. Io? Non sono un integralista, mi adatto al capitale umano a disposizione e penso che il calcio sia più semplice di quanto si voglia far credere”. Più che Zeman, Allegri. Ma il vero modello è Sarri: “Vederlo ai massimi livelli è uno stimolo per tutti noi, l’idea che l’unica strada per arrivare sia quella del campo. In serie A abbiamo già una nuova generazione di allenatori, con Dionisi, Italiano e Zanetti”. Preparato, competente, umile D’Antoni sa benissimo che questo girone C è il suo Everest, con avversari come Foggia, ma pure Avellino, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo e Taranto, tra le altre: “Noi abbiamo un solo obiettivo, restare competitivi e mantenere la categoria. Per farlo dobbiamo avere fame e voglia, confrontandoci con dignità contro squadre che hanno alle spalle cento anni di storia”. Il Monterosi Tuscia Football Club si regge su fondamenta solide e realistiche, ma anche su quel pizzico di follia che permette di sognare e che ha aperto le porte della serie C.
Come l’Associazione No Fair – No Play creata dal presidente Capponi per organizzare eventi a favore dei bambini in difficoltà: “Nel 2007 organizzò una partita di beneficienza allo stadio di Catania dopo l’omicidio Raciti”, ricorda Federica Rogato che da qualche mese è la responsabile della comunicazione del club; il quale ha pure un responsabile arte e immagine: “Secondo il nostro presidente il calcio deve essere, tra le altre cose, veicolo di bellezza”. Con Zeman un rapporto umano prima che professionale: “Ci siamo già sentiti per telefono e sarà bello ritrovarlo. Per me l’esperienza con lui a Pescara è stata come un master in comunicazione: mai una parola sbagliata, mai un’intervista banale. Ci vogliamo molto bene”. E c’è da credere che il fischio d’inizio non potrà mai cancellare tutto il cuoio e il fango condivisi.
Quella del Monterosi Tuscia Football Club è una storia che meritava di essere raccontata, per renderla ancora più reale e concreta. Perché il calcio italiano è anche questo. Anzi, fuori dalle grandi città, soprattutto questo.