Parma, vittoria all'ultimo respiro
Era da tredici partite che ai gialloblù mancavano i tre punti. Poi il gol al 97’. Finale un po’ scontato, ma è andata così
L’Ennio Tardini è lo stadio dove gioca il Parma, vicino al centro, vicino al quartiere di periferia dove ho abitato i primi trentatré anni della mia vita e vicino all’Istituto universitario dove ho studiato e mi son laureato in lingua e letteratura russa; a Parma è tutto vicino, a pensarci. L’ultima volta che ero stato al Tardini era stato per ferragosto, per vedere il Parma perdere i trentaduesimi di finale di Coppa Italia, 1 a 3, contro il Lecce. Non contro il Real Madrid, contro il Lecce. Con tutto il rispetto per il Lecce.
La volta prima, era stato il 14 marzo scorso, campionato di serie A, il Parma aveva vinto 2 a 0 contro la Roma. Dopo quella vittoria, il Parma aveva giocato tredici partite ufficiali e ne aveva pareggiate due, perse undici, vinta nessuna. Retrocesso in B da ventesimo su venti partecipanti. Allora il 29 agosto, alle sette di sera, in via della Repubblica, a Parma, io mi chiedevo due cose: la prima, chi me lo faceva fare, di andare a vedere quella che poteva essere la quattordicesima partita senza vittorie del Parma, la seconda, come mai mi ero messo la stessa camicia che avevo quando il Parma aveva perso col Lecce, per Ferragosto.
Me ne ero accorto in stazione, e avevo deciso di non fare viale Mentana, che è la strada che faccio di solito per andare allo stadio, ma di tirare dritto per via Garibaldi e poi prendere via della Repubblica, che era un po’ più lunga ma, con la stessa camicia, se avessi fatto anche la stessa strada, se poi il Parma avesse perso ancora, sarebbe stata colpa mia, anche, un po’. E se qualcuno mi chiede se sono superstizioso, no, non sono superstizioso, ma, con il Parma, non si sa mai. E a far la strada nuova, devo dire, quando son stato in via della Repubblica, è successa una cosa che poteva succedere solo a Parma.
Che Parma è il posto dove ho abitato per i primi ventidue anni della mia vita, e poi dal venticinquesimo al trentatreesimo, quando mi sono trasferito a Bologna e Parma, che quando ero un ragazzo mi sembrava un posto orribile che mi soffocava, poi, col passare del tempo, a me è sembrato che non potevo negare un fatto innegabile, cioè che io ero fatto delle cose che ci sono a Parma, il prosciutto di Parma, il formaggio di Parma, il parmigiano. Dopo, quando ho avuto 42 anni, per un anno son tornato a abitare a Parma e ho ritrovato una luce, per le strade di Parma, a una cert’ora del giorno, che ci son dei momenti che ti sembra di nuotare, nella luce.
Era la luce che, quando ero un bambino, che eran le due del pomeriggio, che uscivo dal portone, dall’androne buio del condominio dove abitavo, e aprivo il portone e entravo nella luce, che era tempo – dalle due del pomeriggio fino a sera – e spazio, – da via Montebello in qua, tutto il quartiere – e lì, tutti i giorni la promessa era così grande che mi viene da piangere, a pensarci. E l’altro giorno, in via della Repubblica, a Parma, ho pensato “Ecco perché son venuto per vedere la luce”.
Poi sono arrivato allo stadio e, nel cortile davanti al Tardini, c’era il presidente del Parma, Krause, che si faceva dei selfie con i tifosi, contenti come delle pasque. Dopo ho ritirato l’accredito: io sono le prime volte che vado allo stadio come giornalista e mi piace moltissimo, ritirare gli accrediti, mi sembra incredibile che me li diano, e invece anche questa volta me l’hanno dato e mi hanno perfino fatto entrare allo stadio e quando son stato dentro c’erano già qualche migliaio di persone e gli altoparlanti diffondevano a tutto volume “Highway to hell”, degli ACDC, poi “Rocket man”, di Elton John, poi “Tnt” degli ACDC poi “Born to run”, di Bruce Sprigsteen, tutta roba modernissima, mica musica lirica o cose del genere.
E sulle note finali di “Born to run” ho visto, nella curva dei tifosi del Parma, un due aste, che sarebbe una specie di bandiera tenuta su da due aste, gialla e blu con scritto “Supponenza crociata”, crociata è la maglia del Parma e supponenza, per noi parmigiani, è una caratteristica che ci descrive abbastanza bene, secondo me: noi supponiamo di essere bravi, belli, intelligenti, e un po’ meglio degli altri, mi sembra.
Dopo dagli altoparlanti si è sentita la pubblicità di Radio Parma, e hanno detto che è stata la prima radio privata italiana, “Dal 1975”, hanno detto, e a me è venuta in mente una cosa che ho scritto 20 anni fa, quando mi sono trasferito da Bologna a Parma, e un po’ mi dispiaceva, e ho scritto: “Uno che, come me, è nato a Parma e ci ha vissuto per più di trent’anni, quando deve andar via da Parma è un momento difficile. Che io è da quando son nato che se non ero all’estero ero a Parma o in provincia di Parma. Io è una vita che fin da piccolo in casa al mattino si trova la Gazzetta di Parma, che si legge la cronaca della città, la città di Parma, si sa tutto quello che è successo in città, a Parma. Io non lo so, come farò, che sono abituato vedermi intorno tutte queste cose di Parma. Per dire, al mattino, di solito, io faccio colazione con il prosciutto di Parma. Secondo me mi mancheranno, queste cose di Parma. Il prosciutto di Parma, il formaggio di Parma, il parmigiano. Tutta la stampa di Parma, la Gazzetta di Parma, il Giornale di Parma, il Corriere di Parma, la Tribuna di Parma. La Tribuna non l’ho mai letta, non ha fatto in tempo ad aprire, è fallita subito immediatamente. E Tv Parma, si vedrà a Bologna? E Radio Parma ci arriva, col ripetitore? Radio Parma mi mancherà, Radio Parma. Una volta su Radio Parma ho sentito un servizio dicevano che avevan scoperto dei documenti antichissimi che dimostravano che l’università più antica del mondo non era, come si credeva erroneamente fino ad allora, Bologna o Parigi, no, era Parma. Mi mancherà, questa città. Magari ogni tanto ci torno. Magari vengo a vedere una mostra. Che qui a Parma fan sempre delle mostre bellissime. Parma e il neoclassicismo. Parma e la rivoluzione francese. Parma e il liberty. Il futurismo a Parma”.
Dopo sono entrate le squadre e il Parma aveva la solita, bellissima, maglia crociata, il Benevento invece aveva una maglia a quadretti gialli e rossi che faceva un po’ male agli occhi, a guardarla da vicino. E poi è cominciata la partita e io ho cominciato a agitarmi, da un momento all’altro mi aspettavo che facesse gol il Benevento, non so come mai, forse dipendeva dal fatto che nelle ultime tredici partite avevamo preso trentacinque gol, forse era per quello. Hanno avuto un’occasione loro, poi una noi, poi una loro, una partita normale, tra due squadre che puntano tutte e due alla promozione, e il Parma, c’è da dire, tutti lo danno come favorito, ma io, non so perché, al quattordicesimo del primo tempo ho preso un appunto: “Sono scorato”.
Mi aveva preso proprio uno scoramento che mi veniva da dire che era scorato. Poi, tra il quindicesimo e il sedicesimo hanno avuto due occasioni loro, e io ero ancora più scorato. Proprio uno scoramento che non me lo ricordavo, uno scoramento del genere. Poi c’è stata una punizione dal limite per noi, ha tirato Brunetta, il numero 8 del Parma, fuori di pochissimo. Poi Brunetta ha guadagnato un calcio d’angolo, l’ha battuto passandola a Man, che l’ha passata a Vazquez, che l’ha passata a Schiattarella, che ha tirato da fuori, gol. Un gran tiro da fuori area, erano degli anni, che il Parma non faceva gol con dei tiri da fuori area. Ero contentissimo. Solo che l’arbitro l’ha annullato, fuorigioco del centravanti, Tutino, che era davanti al portiere gli impediva la visuale. Che dispiacere.
Al trentottesimo del primo tempo, ero scorato e avevo anche voglia di andare in bagno. Ho resistito sei minuti, poi al quarantaquattresimo, quando hanno segnalato due minuti di recupero, sono andato in bagno; “Non segneranno mica quei due minuti qua”, mi son detto. Infatti non hanno segnato. Nel secondo tempo, i primi 15 minuti mi è sembrato che avessimo patito e basta, e ero molto scorato. Poi, al sessantesimo, sono entrati per noi, Camara al posto di Jurić e Inglese al posto di Man, e al sessantacinquesimo mi sono segnato, sul quadernetto che uso solo per le partite del Parma: “Adesso sì che attacchiamo”. Al sessantottesimo, tre minuti dopo, mi sono segnato “Non attacchiamo più”.
Dopo ci sono state delle altre sostituzioni, per loro è entrato un attaccante, Lapadula, al posto di un centrocampista, Caiò, vogliono vincere, per noi è entrato Mihaila, un rumeno che va fortissimo che era stato infortunato ed era la prima volta che giocava, quest’anno. Poi, a un minuto dalla fine, il portiere del Parma, Buffon, ha fatto una grande parata ma era in fuorigioco, anche se non la faceva era lo stesso però ha fatto bene a farla. Nell’azione dopo Inglese, l’attaccante del Parma, di testa ha preso il palo ma era fuorigioco anche lui. Molti fuorigioco, in questo finale. Poi l’arbitro ha dato quattro minuti di recupero e subito dopo si è fatto male Camara, e il Parma aveva finito le sostituzioni ed è restato in dieci e io ho pensato che non saremmo riusciti a difendere lo zero a zero in casa contro il Benevento.
Non contro il Real Madrid, contro il Benevento. Con tutto il rispetto per il Benevento.
Infatti, a due minuti dalla fine del recupero, il numero 21 del Benevento, Moncini, si è liberato, da solo, a otto metri dalla porta. Ha tirato. Male. Buffon l’ha parata. “E’ fatta”, ho pensato, e Buffon l’ha lanciata con le mani a Vazquez, il numero dieci del Parma, che ha fatto un lancio di cinquanta metri che è arrivato in area avversaria dove Mihaila, quel rumeno che corre fortissimo, l’ha stoppata di destro, ha tirato di sinistro, gol. All’ultima azione.
Tredici partite che non vincevamo.
Che, da un punto di vista narrativo, è un finale un po’ scontato, un lieto fine da film hollywoodiano che non mi piace molto, da un punto di vista narrativo, preferisco i finali alla russa, ma l’altro giorno, al Tardini, non c’è niente da fare, è andata così.